mercoledì 15 dicembre 2010

Una passeggiata serale


Ieri sera, dopo cena, dovevo andare a prelevare un po' di soldi dal bancomat. Niente di strano, è che il bancomat è a un paio di chilometri da casa, e la macchina era già in garage. Ho quindi deciso di farmi una passeggiata, niente di impegnativo, quattro passi all'aria aperta.
 
Mi imbacucco come un black boc - sembra vada di moda - e mi incammino.
Fuori fa freddo, niente di che, dopo 10 minuti neanche me ne accorgo più.

Mentre cammino penso con invidia all'amica palestrata, che non salta una lezione, in palestra appunto.
Io proprio non ce la farei mai.
Troppi impegni.
E sono anche bravissimo a trovare scuse!

In giro non c'è un cane.
Forse per il freddo.
Forse perché (ancora) orario di cena.
Forse già stravaccati sul divano, davanti allo scatolone magico della TV.

Camminare di notte, senza nessuno in giro, nel silenzio delle strade vuote, senza cuffiette, invece è una roba da gente intelligente - mi dico - mica è facile restare tanto a lungo con niente altro in testa che i propri pensieri.
E bisogna averne di pensieri, sennò ci si annoia e si ritorna subito a casa.

Camminare di notte, senza nessuno in giro, nel silenzio del proprio vuoto - mi dico - è una roba da uomini. Se fossi una donna, avrei paura a incontrare per strada uno come me.

"Digestione lenta... Avrei dovuto evitare quel secondo piatto di trennette al pesto."
 
Il cielo si vede a malapena tra i lampioni gialli, ma ci sono le stelle e, già bella alta, una fetta generosa di Luna.

Impiego più di mezz'ora per arrivare al bancomat. E mi ci vorrà altrettanto tempo per tornare.
Se avessi usato la bici ci avrei messo 10 minuti.
Con l'auto 5.
Strana cosa, la vita vissuta alla velocità dei propri piedi.

"Avrei dovuto evitare quell'altro pezzo di stinco di maiale. O forse sono i cavoli bolliti."
 
Arrivo a un tratto di strada dove non ci sono più lampioni.
Adesso il cielo nero punteggiato di stelle si vede bene.
Ma ancor più bene si vede la ancor più nera onda che circonda per tre quarti la pianura dove vivo.
Azzurra di giorno, l'onda adesso scura delle montagne circostanti, è uno tsunami pietrificato che incombe o protegge la pedemontana.
Il buio mi inghiotte.
A malapena riesco a far uscire qualche pensiero da tutto questo scuro.

A farmi questo effetto è il buio pesto oppure è il pesto della pasta?

Mi fermo un minuto ad ammirare le stelle.
Non capisco niente di costellazioni, ma fa un certo effetto uscire dalla cappa giallastra dei lampioni per trovarsi illuminati dalla luce fredda di Luna e stelle.
Un po' come quando si esce di casa e si respira l'aria fresca del mattino.
Aria fresca per gli occhi e lo spirito.
Son lì che guardo, e silenziosa passa una stella cadente.
Neanche il tempo di esprimere uno straccio di desiderio, che è già passata.
A pensarci bene, il desiderio si è già realizzato: adesso, non vorrei essere in nessun altro luogo.

3 commenti:

Lorenz.st ha detto...

Mi ricorda una vecchia storia di fantascienza di cui non ricordo il titolo..
appena mi viene in mente te la dico

Anonimo ha detto...

Un applauso, ma fatto piano piano per non rovinare l'atmosfera... :)

Dario Cavedon ha detto...

@ calle

Non sono proprio di Vicenza, abito in provincia. Faremo (probabilmente) un corso Linux a Schio. A Vicenza non so, prova a contattare il LUG di Vicenza http://vicenza.linux.it/

@ Lorenzo.st

Questo post non è ispirato a un racconto di fantascienza, ma se mi passi il libro sicuramente lo leggo

@ Aldo

:-)

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