lunedì 29 agosto 2011

Non siamo soli: oltre a Irene, anche gli UFO



Prima dell'arrivo di Irene, l'uragano che ha colpito ieri New York, sembra sia stata avvistata nei cieli della metropoli anche una flottiglia di UFO, che - in ordine sparso - dava una sbirciatina a cosa stava succedendo sulla Terra, in attesa di invaderla con comodo, in un improbabile futuro.

Nessuna notizia invece della slitta di Babbo Natale. :-)

sabato 27 agosto 2011

Come sarà Dragon Player 3

Sul blog di Apachelogger, sviluppatore KDE/Kubuntu, è apparsa qualche notizia in anteprima sulla prossima versione di Dragon Player, il lettore multimediale di KDE/Kubuntu. L'anteprima arriva da Ian Monroe, lo sviluppatore principale di Dragon Player, che l'ha presentata al recente "Desktop Summit".

Le novità sono:
  • Animazioni all'avvio (per la serie "effetti speciali")
  • Una lista dei video recenti più visuale e usabile (e questa sì che è bella!)
  • Dissolvenza audio e video sia all'inizio che alla fine del video (vabbé!)
  • Semplice, facile e con tutte le funzionalità dell'attuale Dragon Player 2 (sì, non sempre è scontato!)
  • ... e una (misteriosa!) funzionalità rivoluzionaria che renderà facilissimo vedere sequenze di video (giusto per ingolosire i golosi!)


Il rilascio di Dragon Player 3 è previsto su KDE 4.8 (che dovrebbe uscire a Giugno 2012), o forse più probabilmente KDE 4.9.

Per vederlo quindi su Kubuntu dovremo aspettare almeno fino al 2012, in tempo per Kubuntu 12.04 "Pretty Pony" (improbabile, dal momento che sarà una LTS) o per Kubuntu 12.10 "Rusty Rat".

Stay tuned!


Link:


Post originale di Apachelogger (in inglese)

venerdì 26 agosto 2011

Uomini del mare, all'abbordaggio!

More about Il Corsaro Nero

Emilio Salgari: Il Corsaro Nero


Avrei dovuto leggere questo libro 30 anni fa. Purtroppo o per fortuna, dopo aver visto in TV il film con Kabir Bedi e Carol André (gli stessi attori protagonisti della saga di Sandokan) mi restava ben poca curiosità sul romanzo di Emilio Salgari.

Me lo sono letto quest'estate. Sotto l'ombrellone divoravo le pagine del romanzo, e su Internet ne scoprivo i numerosi aneddoti e retroscena. Come il fatto che Emilio Salgari non s'era mai mosso dall'Italia, e sopperiva con la fantasia alla mancanza di informazioni di prima mano dai paesi tropicali, luoghi dove si svolgevano le trame dei suoi numerosi libri. O come il fatto che per molti anni ha lavorato a Torino, anche per merito della Regina Margherita (sì, quella della pizza, ma questa è un'altra storia). A tale devozione si devono le origini nobili e piemontesi di Emilio di Roccabruna, noto in tutto il Caribe come il Corsaro Nero.

Il Corsaro Nero è appunto un nobile, di gusti sopraffini, fuorilegge per onore, che insegue il suo acerrimo nemico, il traditore Wan Guld. In questo libro si narra la prima parte del suo inseguimento (la seconda ne "La regina dei Caraibi"), tra abbordaggi e battaglie, maledizioni e superstizioni marinare, amori e vendette.

Nel complesso un bel libro, che si legge in un fiato, meglio se avete ancora i calzoni corti.



Link:

Le mie precedenti recensioni
La mia libreria su anobii

giovedì 25 agosto 2011

Linux compie 20 anni giusto oggi!


Avevo già parlato in un mio post precedente del ventesimo compleanno di Linux (vedi sotto). Stappate i chinotti, gente...

oggi 25 agosto 2011 è ufficialmente quel giorno!

Per fare una cosa carina, potreste mandare una mail o augurare "Happy Birthday!" al suo creatore, Linus Torvalds, direttamente sul suo profilo Google+.

Sono sicuro che lui... neanche li leggerà! :-)


Link:

Mio post precedente sul 20° compleanno di Linux
Il profilo di Linus su Google+

martedì 16 agosto 2011

Google compra Motorola: another one step in the right direction

La notizia del giorno è "Google compra Motorola". Anche se sinceramente la notizia dovrebbe essere "Google compra Motorola, ma allo stesso prezzo poteva portarsi a casa uno Stato Europeo". Se vi fosse sfuggito, Google ha speso 12,5 billion (=miliardi) di dollari, che è più o meno quello che la BCE spende per comprare titoli di Stato dei paesi in crisi (tra cui anche l'Italia).

La lista della spesa

Ma la cosa più strana è che sono tutti lì a parlare dei 17.000 brevetti che Google acquisisce con Motorola, per carità, importanti. Ma il disegno di Goolge è più grande.

Riepilogo:
  • dotarsi di un proprio browser, strumento indispensabile per la navigazione Internet, giusto per cominciare: fatto (Google Chrome)
  • dotarsi di un proprio sistema operativo per PC che ha come base il browser Google Chrome: fatto (Google Chrome OS)
  • dotarsi di una struttura per il cloud computing: fatto
  • dotarsi di programmi per il cloud computing: fatto (Google Apps)
  • dotarsi di un proprio PC che usa il sistema operativo Google Chrome OS e Google Apps: fatto (Google Chromebook)
  • dotarsi di un proprio sistema operativo per tablet e smartphone: fatto (Android)
  • dotarsi di una piattaforma di distribuzione di software per il proprio sistema operativo Android: fatto (Android Market)
  • dotarsi di un proprio smartphone che usi Android e Android Market: fatto (Google Nexus)
  • dotarsi di propri tablet e smartphone, senza ricorrere a terzi: fatto (la prossima Googletorola)
  • dotarsi di un proprio PC, senza ricorrere a terzi: ancora da fare
Motorola Xoom, tablet che usa Android

Avrò sicuramente dimenticato qualche elemento nella lista della spesa, però è palese che Google vuole creare una soluzione globale hardware + software, sul modello Apple.

Sempre più Gloooooobale

Direi anche migliore del modello Apple, che ha scelto la fascia di mercato dei tecno-fighetti (scusate, ma non trovo una definizione migliore), che è danarosa e propensa alla spesa, ma solo una fascia limitata del mercato. Google punta invece al "mainstream", al malloppo grosso, la fascia di mercato degli smartphone, tablet e PC popolari e più diffusi, anche se meno costosi dei modelli di Apple.

Se non fosse per il fatto che siamo tutti tranquilli che Google è il bene, sarebbe da essere preoccupati della presenza pervasiva di Google in ogni aspetto della nostra vita digitale.


Link:

Notizia su TechCrunch (in inglese)
Il mio post su Google+

venerdì 12 agosto 2011

La migliore distribuzione Linux di tutti i tempi


L'altra sera ero a Durlo di Crespadoro, sperduto paese nella Lessinia Vicentina,  uno degli angoli più remoti e stupendi della Provincia di Vicenza. Durlo è una piccola frazione montana, sconosciuta ai più, immersa nella natura. Nel suo piccolo, non manca niente: ampia scelta di passeggiate tra i boschi, campo da calcio per partitelle tra amici, piscina coperta per nuotare in caso di maltempo e bar, in caso si rifuggano tutte le attività precedenti.

Comunque, ero lì per una serata all'insegna del Software Libero, una prova per vedere se sagre paesane, o comunque agli eventi popolari non necessariamente legati al mondo dell'Informatica, possono essere un luogo dove diffondere il Verbo di Sant'IGNUcius tra le genti. Ebbene, avevo appena stupito il pubblico presente con l'affermazione "Esistono circa 300 diverse distribuzioni Linux attive", quando una persona del pubblico mi rimbalza la domanda "Ma tra 300 distribuzioni Linux, come faccio a scegliere? Qual è la migliore distribuzione Linux?"

Cosa avrei risposto

Per un attimo, mi sono visto fasciato di una vistosa e lunga tonaca bianca, sul viso una vistosa e lunga barba bianca (no, non è Babbo Natale!), immerso nella Luce della Sapienza, mentre discendevo il Monte Sacro a piedi nudi, con in mano i 2 Tablet della Legge da cui si leggeva a grandi lettere:

"La Migliore Distribuzione Linux è Ubuntu, 
e tu non avrai altra Distribuzione che Questa!".

Cosa ho effettivamente risposto

"Dipende".

La miglior distribuzione Linux

Negli ultimi 2 giorni ho letto 2 diversi articoli che proclamavano la "migliore distribuzione Linux". I risultati erano (neanche tanto) sorprendentemente diversi: per il primo articolo la migliore è Debian, per l'altro Fedora. Vero che i due articoli sono molti diversi tra loro, così come lo è il metro con cui misurano le distribuzioni. Il primo fa a fette le distro, valutando le caratteristiche come installazione, supporto hardware, desktop, personalizzazione, ecc mentre il secondo articolo misura è dove si utilizza la distribuzione, desktop, server, LiveCD, ecc.

Personalmente, sono molto critico con entrambi.

Se anche i criteri utilizzati fossero obiettivi, articoli come questi servono ad aumentare (volutamente?) una certa concorrenza tra gli utilizzatori delle varie distribuzioni, che hanno la fissa di usare la miglior distribuzione esistente, qualunque essa sia, e chi dissente sbaglia. Basta poi leggere i commenti agli articoli per confermare questa ipotesi.

Ma queste diatribe possiamo lasciarle a chi specula di altri argomenti.

Queste persone dovrebbero scendere dalla propria collinetta di conoscenza superficiale, e mettersi nei panni di chi gli sta davanti. Vedrebbero le cose in una prospettiva completamente diversa, e sicuramente migliore. L'unico punto di vista che davvero vale: il punto di vista di chi si trova a usare la distribuzione Linux.
Quindi: la migliore distribuzione Linux di tutti i tempi è quella che va bene per me.
"OK, bravo! Ma allora qual è questa distribuzione?", mi chiederete.

La risposta è ancora: "Dipende!". Dipende da che uso ne fate, da quali programmi usate, da che computer avete, da quali icone vi piacciono (sì, anche quello!), e da mille altri fattori che non possono essere decisi a priori da chi stila classifiche.

Una distribuzione Linux è come un abito sartoriale, fatto su misura per chi lo indossa. È quindi molto facile trovare una distribuzione tra le 300 che soddisfi le proprie esigenze, qualunque esse siano. Ma è molto sbagliato che sia il sarto, o l'amico, a decidere quale distribuzione sia la migliore per me.

Chiaro che da qualche parte si deve pure iniziare e, personalmente, a chi comincia consiglio Ubuntu o Kubuntu, perché vanno bene per un utilizzo generico. Diciamo che, riprendendo il paragone del vestito, si tratta di un buon abito, che si può indossare in tutte le occasioni e per tutte le esigenze.

Chi invece ha già iniziato il suo cammino con Linux, avrà un'opinione diversa, ma questa è un'altra storia.


Link:

Sito ufficiale della Lessinia Vicentina
Sant'IGNUcius
The best Linux distribution 2011 (in inglese)
The 2011 Top 7 Linux Distribution (in inglese)

Stupido distributore automatico di caffè


Io bevo il caffè amaro. In tutta Italia non ho mai trovato 1 distributore automatico che eviti di gettarmi l'inutile stecchino di plastica nel bicchiere. Qualcuno mi spiega a cosa serve lo stecchino di plastica se non c'è niente da mescolare assieme al caffè? Oppure: possibile che chi ha programmato quelle maledette benedette macchinette non potesse pensarci?

martedì 9 agosto 2011

Josie Charlwood: one woman band!

Mi sono imbattuto per caso in questa signorina da Haywards Heath, UK, e mi sono detto "però!".



Poi ho visto anche questo suo rifacimento di "Feel Good Inc." dei Gorillaz, e ho pensato "però! non male".



Però, possibile sia ancora così sconosciuta?


Link:

Canale Youtube di Josie Charlwood

lunedì 1 agosto 2011

Haruki Murakami: Sognatore Irrealistico

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo bellissimo discorso dello scrittore Haruki Marakumi, autore di numerosi libri, tenuto in occasione della consegna del "Cataluña International Prize"


Sarà che ho appena letto il suo "Norwegian wood" (prima o poi troverò il tempo di recensirlo!), sarà che sono particolarmente sensibile al tema dell'energia nucleare, ma il suo discorso mi è piaciuto, e ho chiesto al sito di riferimento se potevo riportarlo sul mio blog. Eccolo qui di seguito, un po' lungo, ma vale il tempo speso.




Haruki Murakami: Sognatore Irrealistico


Discorso di Haruki Murakami in occasione della consegna allo scrittore del Cataluña International Prize. 

L’ultima volta che venni a Barcellona fu nella primavera di due anni fa. Fu per firmare i miei libri e fui sorpreso dal gran numero di lettori che facevano la fila in attesa del mio autografo. Mi ci volle più di un’ora e mezza per firmare tutti i libri, poiché molte delle mie lettrici volevano baciarmi. Tutto questo richiese un bel po’ di tempo.

Ho preso parte a eventi di questo tipo in molte altre città del mondo, ma soltanto a Barcellona c’erano donne che volevano baciarmi. Fosse solo per questo, fui colpito dalla bellezza della città di Barcellona. Sono davvero contento di essere ritornato in questa città dalla ricca storia e dalla cultura meravigliosa.

Ma mi dispiace ch’io oggi debba parlarvi di qualcosa di più serio dei baci.

Come saprete, alle 14 e 46 dell’11 marzo un forte terremoto ha colpito l’area nordorientale del Giappone. La potenza di questo terremoto è stata tale che la Terra ha girato più velocemente sul suo asse e il giorno si è ridotto di 1.8 microsecondi.

Il danno causato dal terremoto in sé è stato notevole, ma lo tsunami scatenato dal terremoto ha provocato devastazioni ben maggiori. In alcuni posti l’onda dello tsunami ha raggiunto un’altezza di 39 metri. Di fronte a un’ondata così enorme nemmeno il decimo piano degli edifici era in grado offrire rifugio a chi si trovava sulla sua traiettoria. Chi viveva vicino alla costa non aveva modo di sfuggirle e quasi 24.000 persone sono morte e circa 9.000 di esse sono ancora dichiarate disperse. La grande ondata le ha portate via e non siamo ancora riusciti a ritrovare i loro corpi. Molti sono scomparsi nel mare ghiacciato. Quando mi fermo a riflettere su questo e cerco di immaginare che cosa si provi a subire un destino così tragico, mi si stringe il petto. Molti sopravvissuti hanno perso la famiglia, gli amici, la casa, le proprietà, le comunità e le basi stesse della loro vita. Interi villaggi sono stati completamente distrutti. Molti hanno perso ogni speranza di vita.

Essere giapponesi significa convivere con le calamità naturali. I tifoni attraversano gran parte del Giappone dall’estate all’autunno. Ogni anno provocano enormi danni e molte persone perdono la vita. Ci sono molti vulcani attivi in ogni regione. E ovviamente ci sono molti terremoti. Il Giappone poggia pericolosamente sulle quattro enormi placche tettoniche nell’estremità orientale del continente asiatico. Si dice che viviamo proprio sul nido dei terremoti.

Possiamo predire in una certa misura l’ora e la traiettoria dei tifoni, ma non possiamo predire quando avrà luogo un terremoto. Tutto ciò che sappiamo è che questo non è stato l’ultimo grande terremoto e che ce ne sarà un altro nel prossimo futuro. Molti esperti predicono che un terremoto di magnitudo 8 colpirà l’area di Tokyo entro i prossimi venti o trenta anni. Potrebbe accadere tra dieci anni o domani pomeriggio. Nessuno può dire con certezza quale sarà l’entità del danno se un terremoto interno dovesse colpire una città così densamente popolata come Tokyo.

Nonostante ciò soltanto nell’area di Tokyo ci sono 13 milioni di persone che conducono vite “normali”. Prendono affollati treni per pendolari per recarsi in ufficio e lavorano all’interno di grattacieli. Persino dopo questo terremoto non mi è mai giunta voce che la popolazione di Tokyo sia diminuita.

Perché? Potreste domandarmi. Com’è possibile che così tante persone vivano la propria esistenza quotidiana in un posto così terribile? Non impazziscono dalla paura?

In giapponese abbiamo la parola “mujō” (無常). Significa che tutto è effimero. Tutto ciò che nasce in questo mondo cambia e alla fine scomparirà. Non vi è nulla di eterno o di immutabile su cui possiamo fare affidamento. Questa visione del mondo proviene dal buddismo, ma l’idea di “mujo” è stata impressa a fuoco nello spirito del popolo giapponese e ha messo radici nella coscienza etnica comune.

L’idea che “tutto se n’è semplicemente andato” esprime rassegnazione. Crediamo che non serva a nulla opporsi alla natura, ma il popolo giapponese ha scoperto positive espressioni di bellezza in questa rassegnazione.

Se per esempio pensiamo alla natura, noi adoriamo i fiori di ciliegio a primavera, le lucciole in estate e le foglie rosse in autunno. Per noi è naturale osservare tutto questo appassionatamente, collettivamente e per tradizione. Può risultare difficile fare una prenotazione alberghiera vicino ai celebri luoghi dei boccioli di ciliegio, delle farfalle e delle foglie rosse nelle rispettive stagioni, poiché sono posti invariabilmente gremiti di visitatori.

Perché?

I fiori di ciliegio, le lucciole e le foglie rosse perdono la loro bellezza in un tempo molto breve. Ci spingiamo molto lontano per assistere al momento glorioso. E siamo alquanto sollevati quando possiamo confermare che non sono semplicemente splendidi, ma cominciano già a cadere, a perdere le loro piccole luci e la loro bellezza vivida. Il fatto che la loro bellezza ha raggiunto l’apice e comincia già a svanire ci assicura la pace dell’animo.

Non so se le calamità naturali abbiano influenzato una tale mentalità, ma sono sicuro che in un certo senso in virtù di questa mentalità abbiamo superato collettivamente calamità naturali consecutive e accettato cose che non potevamo evitare. Forse queste esperienze plasmano la nostra estetica naturale.

La grande maggioranza dei giapponesi è stato profondamente traumatizzata da questo terremoto. Per quanto possiamo essere abituati ai terremoti, ancora non siamo riusciti a farci una ragione delle dimensioni del danno. Ci sentiamo impotenti e siamo in ansia per il futuro di questo Paese.

Alla fine rivitalizzeremo la nostra mente, ci alzeremo e ricostruiremo. Non ho vere paure in questo senso.

È così che siamo sopravvissuti nel corso di tutta la nostra lunga storia. Non possiamo essere di alcun aiuto se restiamo immobili e sopraffatti dallo choc. Le case demolite possono essere ricostruite e le strade distrutte possono essere riparate.

In breve, abbiamo in affitto una camera sul pianeta Terra senza alcun permesso. Il pianeta Terra non ci chiede mai di vivere su di esso. Se trema un po’ non possiamo lamentarcene, poiché tremare di tanto in tanto è una delle caratteristiche della terra. Che ci piaccia o no dobbiamo convivere con la natura.

Ciò di cui voglio parlare qui non è qualcosa come edifici o strade, che possono essere ricostruiti, ma piuttosto cose che non possono essere ricostruite facilmente, cose come etica o valori. Sono cose che non possiedono una forma fisica. Una volta distrutte è difficile ripararle, perché non possiamo farlo con macchine, lavoro e materiali.

Ciò di cui sto parlando in concreto sono gli impianti nucleari di Fukushima.

Come saprete, almeno tre dei sei impianti nucleari danneggiati dal terremoto e dallo tsunami non sono ancora stati riparati e continuano a perdere radioattività intorno a loro. È avvenuta la fusione e il terreno circostante è stato contaminato. L’acqua contaminata dalla radioattività è stata riversata nel vicino oceano. Il vento diffonde la radioattività in aree più estese.

Centinaia di migliaia di persone hanno dovuto lasciare la propria casa. Fattorie, aziende agricole, fabbriche e porti sono stati abbandonati da tutti. Chi viveva lì potrebbe non essere più in grado di farvi ritorno. Mi addolora affermare che il danno prodotto da questo incidente non interessa soltanto il Giappone ma va diffondendosi nei Paesi vicini.

Il motivo per cui un incidente così tragico ha avuto luogo è più o meno chiaro. Le persone che hanno costruito questi impianti nucleari non avevano immaginato che uno tsumani di tali dimensioni li avrebbe colpiti. Alcuni esperti avevano fatto notare che tsunami di dimensioni simili avevano già colpito queste regioni e avevano fatto pressione affinché i parametri di sicurezza venissero rivisti, ma le compagnie elettriche li avevano ignorati, poiché le compagnie elettriche, in quanto imprese commerciali, non avevano alcuna intenzione di investire in modo significativo in vista di uno tsunami che potrebbe abbattersi una volta ogni cento anni.

Il governo, che dovrebbe garantire la sicurezza degli impianti nucleari con rigide regolamentazioni, pare che abbia abbassato i parametri di sicurezza per promuovere lo sviluppo dell’energia nucleare.

Dovremmo indagare queste motivazioni e se vi troviamo degli errori dobbiamo correggerli. Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a lasciare la propria terra ritrovandosi con la propria vita sconvolta. È giusto indignarsi al riguardo.

Non so perché i giapponesi si indignino così di rado. Sono bravi a essere pazienti, ma non lo sono altrettanto a indignarsi. Sotto questo aspetto siamo sicuramente differenti dai cittadini di Barcellona. Ma questa volta persino i giapponesi si sono indignati sul serio.

Allo stesso tempo dobbiamo essere critici verso noi stessi, noi che abbiamo permesso o tollerato questi sistemi alterati.

Questo incidente è in relazione con la nostra etica e i nostri valori.

Come saprete, noi, il popolo giapponese, abbiamo vissuto l’esperienza degli attacchi nucleari. Nell’agosto del 1945 bombardieri statunitensi hanno sganciato bombe sulle due principali città di Hiroshima e Nagasaki, provocando la morte di oltre 200.000 persone. Le vittime erano in massima parte persone inermi, gente comune. Tuttavia non è questo per me il momento di stabilire i torti o le ragioni di ciò che accadde.

Ciò che qui voglio sottolineare è non soltanto che 200.000 persone morirono per le conseguenze immediate del bombardamento atomico, ma anche che molti sopravvissuti sarebbero morti successivamente in seguito agli effetti delle radiazioni in un periodo di tempo prolungato. Dalle vittime delle bombe nucleari abbiamo imparato quale terribile distruzione la radioattività ha causato al mondo e alla gente comune.

Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo seguito due politiche fondamentali. Una era la ripresa economica, l’altra la rinuncia alla guerra. Avremmo rinunciato all’uso delle forze armate, saremmo diventati più prosperi e avremmo perseguito la pace. Queste idee divennero le nuove politiche del Giappone del dopoguerra.

Le parole che seguono sono scolpite sul monumento alle vittime della bomba atomica di Hiroshima.

“Riposate in pace. Non faremo mai più lo stesso errore”.

Sono parole altisonanti. Queste parole significano che siamo vittime e assalitori allo stesso tempo. Di fronte all’energia nucleare siamo vittime e assalitori. Poiché siamo minacciati dalla potenza dell’energia nucleare, siamo tutti vittime. Poiché la usiamo e non riusciremmo a evitare di usarla, siamo anche tutti assalitori.

Sessantasei anni dopo il bombardamento atomico gli impianti nucleari di Fukushima Dai-ichi diffondono radioattività da tre mesi, contaminando il suolo, l’oceano e l’aria intorno a loro. Nessuno sa come e quando riusciremo a fermarli. È la seconda fonte di devastazione operata dall’energia nucleare in Giappone, ma questa volta nessuno ha sganciato una bomba atomica. Noi, il popolo giapponese, abbiamo commesso i nostri propri errori, abbiamo contribuito a distruggere le nostre terre e le nostre vite.

Perché è accaduto? Che cosa ne è stato del nostro rifiuto dell’energia nucleare dopo la seconda guerra mondiale? Che cosa ha guastato la nostra società pacifica e benestante, che con tale costanza abbiamo perseguito?

Il motivo è semplice. La ragione è l’“efficienza”.

Le compagnie elettriche hanno insistito che gli impianti nucleari offrivano un sistema di sviluppo energetico efficiente. Era il sistema dal quale potevano trarre profitto. E soprattutto in seguito alla crisi petrolifera il governo giapponese dubitò della stabilità dei rifornimenti di petrolio e promosse lo sviluppo dell’energia nucleare come politica nazionale. Le compagnie elettriche avevano speso enormi somme di denaro in pubblicità per indurre i media a dare al popolo giapponese l’illusione che lo sviluppo dell’energia nucleare fosse completamente sicuro.

E così scoprimmo che il 30% dell’elettricità proveniva dall’energia nucleare. Il Giappone, che è una piccola nazione insulare colpita di frequente da terremoti, divenne il terzo dei principali produttori di energia nucleare, senza che il popolo giapponese nemmeno lo notasse.

Avevamo superato il punto di non ritorno. Ormai era fatta. A coloro che avevano paura dell’energia nucleare veniva posta la domanda intimidatoria: “Saresti favorevole alla penuria di energia?” Il popolo giapponese cominciò a pensare che fosse inevitabile fare affidamento sull’energia nucleare. È quasi una tortura vivere senza aria condizionata nella torrida e umida estate giapponese. Coloro che avevano dubbi riguardo all’energia nucleare furono etichettati come “sognatori irrealistici”.

E così arrivammo dove siamo oggi. Impianti nucleari che dovrebbero essere efficienti ci offrono una visione dell’inferno. Questa è la realtà.

La cosiddetta “realtà”, su cui insistevano coloro che promuovevano lo sviluppo dell’energia nucleare, non è per nulla la realtà, ma soltanto “comodità” superficiale. Hanno sostituito la realtà con la loro “realtà” e la loro logica difettosa.

Questo è il crollo del mito della “tecnologia”, di cui il popolo giapponese era orgoglioso, e la disfatta dell’etica e dei valori di noi giapponesi, che abbiamo permesso un tale inganno. Accusiamo le compagnie elettriche e il governo giapponese. Questo è giusto e necessario, ma allo stesso tempo dovremmo accusare noi stessi. Siamo vittime e assalitori allo stesso tempo. Dobbiamo considerare seriamente il fatto. Se non lo facciamo commetteremo di nuovo il medesimo errore.

“Riposate in pace. Non commetteremo mai più lo stesso errore”.

Dobbiamo prendere a cuore queste parole.

Il Dr Robert Oppenheimer, uno dei principali artefici dello sviluppo della bomba atomica, fu tremendamente colpito dalla spaventosa situazione di Hiroshima e di Nagasaki dopo gli attacchi atomici. Disse al presidente Truman: “Abbiamo le mani insanguinate”.

Truman prese un fazzoletto immacolato dalla sua tasca e disse: “Si pulisca le mani con questo fazzoletto”.

Ma ovviamente non c’è al mondo fazzoletto pulito grande abbastanza da ripulire così tanto sangue.

Noi, i giapponesi, avremmo dovuto dire: “No” all’energia nucleare. È questa la mia opinione.

Avremmo dovuto sviluppare fonti di energia alternative per sostituire l’energia nucleare a livello nazionale, mettendo insieme tutte le tecnologie, le conoscenze e il capitale sociale. Anche se tutto il mondo ci avesse riso in faccia dicendo: “L’energia nucleare è il sistema di produzione di energia più efficace e i giapponesi sono così sciocchi da non usarlo”, avremmo dovuto conservare l’allergia nei confronti dell’energia nucleare che la nostra esperienza delle armi nucleari aveva prodotto in noi. Dopo la seconda guerra mondiale avremmo dovuto dare la massima priorità a una politica di sviluppo delle energie non nucleari.

Avremmo dovuto fare dello sviluppo della produzione di energia non nucleare il fondamento della nostra politica dopo la seconda guerra mondiale. Sarebbe dovuto essere questo il modo di assumerci la nostra responsabilità collettiva per le vittime di Hiroshima e Nagasaki. In Giappone avevamo bisogno di un’etica forte, di valori forti e di inviare un messaggio forte che per i giapponesi sarebbe stato una possibilità di dare un autentico contributo al mondo. Ma abbiamo trascurato di imboccare questa strada importante, preferendole quella facile dell’“efficienza” a sostegno del nostro rapido sviluppo economico.

Come ho affermato, possiamo superare il danno causato dalle calamità naturali, per quanto spaventoso e esteso esso possa essere. E a volte il processo del superamento rende le nostre menti più forti e più profonde. Questo possiamo ottenerlo.

È compito degli esperti ricostruire strade e edifici distrutti, ma è dovere di tutti noi ristabilire etica e principi danneggiati. Cominciamo piangendo coloro che sono morti, prendendoci cura delle vittime del disastro e con il desiderio naturale di non permettere che la loro sofferenza e le loro ferite siano vane. Ciò assumerà la forma di un’opera ingegnosa e silenziosa che richiederà notevole pazienza. A questo scopo dobbiamo unire le nostre forze, così come l’intera popolazione di un villaggio va fuori insieme a coltivare i campi e a seminare in un’assolata mattina di primavera. Ognuno facendo quello che può, tutti insieme.

Noi, scrittori professionisti, versati nell’uso delle parole, possiamo contribuire positivamente a questa missione collettiva su larga scala. Dovremmo connettere etica e principi nuovi a parole nuove e creare e costruire storie nuove e stimolanti. Saremo in grado di condividere queste storie. Avranno un ritmo che incoraggerà le persone, proprio come le canzoni che gli agricoltori intonano quando seminano. Abbiamo ricostruito il Giappone che era stato completamente distrutto dalla seconda guerra mondiale. Dobbiamo ritornare a questo punto di partenza.

Come ho affermato all’inizio di questo discorso, viviamo in un mondo mutevole e transitorio, “mujo”. Ogni vita cambia e alla fine svanirà. Gli esseri umani non hanno potere di fronte alle più grandi forze della natura. Riconoscere l’effimero è uno dei concetti di base della cultura giapponese. Sebbene rispettiamo il fatto che tutte le cose sono transitorie e sappiamo di vivere in un mondo fragile e pieno di pericoli, a un certo punto siamo permeati di una tacita volontà di vivere e di menti positive.

Sono orgoglioso della grande considerazione che le mie opere riscuotono presso il popolo catalano e di essere stato insignito di un premio così grande. Abitiamo a notevole distanza tra di noi e parliamo lingue differenti. Abbiamo culture differenti. Ma allo stesso tempo siamo cittadini del mondo che condividono gli stessi problemi, la stessa gioia e la stessa tristezza. Storie scritte da autori giapponesi sono state tradotte in lingua catalana e il popolo catalano le ha fatte sue. Sono contento di poter condividere le stesse storie con voi. Sognare è il compito quotidiano dei romanzieri, ma condividere i sogni è un lavoro ancora più importante per noi. Non possiamo essere romanzieri senza la sensazione di condividere qualcosa.

So che il popolo catalano ha superato molte difficoltà, ha vissuto la vita pienamente e ha conservato una ricca cultura nella propria storia. Sono sicuramente tante le cose che condividiamo.

Sarebbe davvero meraviglioso se noi e voi potessimo diventare “sognatori irrealistici” in Giappone e in Catalogna e plasmare una “comunità morale”, aperta ad ogni Paese e cultura. Penso che sia il punto di inizio della nostra rinascita, poichè in tempi recenti abbiamo sperimentato molte calamità naturali e crudeli atti di terrorismo. Non dobbiamo aver paura di sognare. Non dobbiamo mai permettere ai cani impazziti chiamati “efficienza” o “comodità” di raggiungerci. Dobbiamo essere “sognatori irrealistici” che procedono con vigore. Gli esseri umani moriranno e svaniranno, ma l’umanità trionferà e si rigenererà per sempre. Al di sopra di tutto dobbiamo credere in questa potenza.

Farò dono dell’ammontare del premio alle vittime del terremoto e dell’incidente all’impianto nucleare. Sono profondamente grato al popolo catalano e alla Generalitat de Cataluña per avermi offerto questo premio e questa opportunità. Permettetemi anche di esprimere la mia più profonda solidarietà alle vittime del recente terremoto a Lorca.

Haruki Murakami 2011

Traduzione in inglese di Senrinomichi http://www.senrinomichi.com.
Traduzione italiana di Giacomo Mattia Schmitt per il sito NoruweiNoMori www.harukimurakami.it.
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