Uno strano destino per un magnifico libro
Strano destino per questo magnifico libro. Strano che in Italia sia praticamente sconosciuto, mentre in Francia ha venduto milioni di copia. Ma del resto anche Al Bano ha venduto milioni di dischi in Russia e in Italia non se lo fila (più) nessuno. Strano che la sua casa editrice lo distribuisca con contagocce, neanche fosse riservato a una ristretta elite di appassionati. Con un po’ di marketing decente potrebbe vendere milioni di copie. Strano anche perché su Internet si trovano molte recensioni che lo giudicano “il più bel libro di viaggio di tutti i tempi”, come lo ha definito recentemente anche Giuseppe Cederna nella trasmissione radio “Damasco”.
Il libro è scritto dallo sconosciuto (in Italia) svizzero francofono Nicolas Bouvier, che oltre scrittore è stato anche fotografo e iconografo. Completano il libro, gli stupendi disegni di Thierry Vernet, pittore francese, e suo compagno di viaggio. Il viaggio è quello che compiono appunto Bouvier e Vernet, partendo da Sarajevo nel giugno del 1953, fino al Khyber Pass in Afganistan un anno e mezzo più tardi, nel dicembre del 1954. In mezzo, migliaia di chilometri percorsi a bordo, o spesso spingendo, una Fiat Topolino, che, per tener fede alla qualità del marchio, li lascia molto spesso a piedi, tanto che sono costretti a smontarla e rimontarla più volte, anche con l’aiuto di pezzi di ricambio e meccanici approssimativi.
Il libro comincia e finisce con Bouvier solo, mentre legge una lettera dell’amico Vernet che lo invita a raggiungerlo in un posto stupendo, declamandone la bellezza. E comincia il viaggio. Un viaggio nello spazio, passando per città come Sarajevo, Istanbul (Costantinopoli), Tabriz, Isfahan, Teheran, Kabul. Un viaggio nel tempo, che descrive queste città molto diverse da come le conosciamo sentendo le tragiche cronache dei giorni nostri. Città magnifiche, culture antiche e diverse, migliaia di anni avanti rispetto al medioevo moderno che stanno e che stiamo vivendo oggi. Il taglio del racconto che le descrive è completamente diverso dall’attuale, senza quel fanatismo religioso – a volte esagerato – che condisce ogni servizio proposto dal moderno giornalismo occidentale, senza i bollettini di guerra che costituiscono le corrispondenze attuali.
Come l’ambra cattura un istante di vita, così la scrittura di Bouvier cattura la magia delle emozioni e la tramanda intatta, diventando sempre più preziosa col passare del tempo. Occhi arguti che osservano talvolta con candore poetico e talaltra con ironia tagliente.
Il libro si legge facilmente, nonostante (per me) qualche parola da dizionario. Alcune frasi si devono leggere 3-4 volte tanto sono belle, non ne trascrivo nessuna, per non rubare il godere di scoprirle da soli. Un libro da non perdere.
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