giovedì 30 dicembre 2010

Anticipo del carnevale: pubblicità PRO nucleare in maschera

Sapete, non guardo molto la TV. Per questo motivo, ho visto solo ieri sera la pubblicità del "Forum Nucleare Italiano".

Pubblicità regresso

Lo spot è in onda dal 19 dicembre, e rappresenta una partita a scacchi tra una persona favorevole e una persona contraria (se stesso) all'energia nucleare. Le affermazioni nel corso dello spot sono così ovvie da non essere degne di menzione. Se avete il coraggio guardatevi lo spot. Al bar, due avvinazzati che giocano briscola avrebbero potuto fare le medesime affermazioni senza che la credibilità (e la banalità) delle stesse ne venisse intaccata.



Da che pulpito

Per farsi un'idea dell'argomento "energia nucleare", invece che guardare uno spot, conviene avere tanta pazienza e tanto tempo, e andare a leggersi le decine di siti internet che trattano l'argomento.

Ma è interessante sapere invece chi può permettersi la trasmissione di uno spot del genere, che imperversa su tutte le reti nazionali. Chi è il "Forum Nucleare Italiano"?

Una delle belle tradizioni dei siti internet, che deriva dalla maniera anglosassone di fare informazione, è quella di dire (scrivere) chiaramente chi si cura del sito. Il perché è molto semplice: se esprimo un parere su una qualsiasi cosa, è fondamentale sapere se sono coinvolto in qualche maniera. Per esempio, se sono un oste, dirò sicuramente che il vino della mia osteria è buono, ma ne verrà meno la mia credibilità.

Il "forum" rispetta la tradizione anglosassone e dichiara chiaramente al punto 6 del proprio statuto (reperibile sul sito):

"6. Soci Fondatori
6.1 I Soci Fondatori sono ENEL S.p.A. ed E.D.F. International S.A."
Questi due soci sono anche i due principali attori nell'accordo di fornitura di tecnologia nucleare dalla Francia all'Italia.

Il carnevale è già iniziato

Il "Forum Nucleare Italiano" però si maschera dietro una parvenza di luogo ove ospitare il dibattito sull'opportunità o meno dell'utilizzo dell'energia nucleare in Italia, come riportato in bella evidenza sulla home page.

In realtà non esiste nessun dibattito in corso. La decisione è già stata presa dal Governo, quando (ignorando il referendum del 1986) ha firmato l'accordo con la Francia per la fornitura di tecnologia nucleare all'Italia, e ha dato il via al progetto.

Appunto il Forum non si occupa del dibattito sull'energia nucleare ma dello sviluppo dell'energia nucleare. Sempre dallo statuto del Forum:
"4. Oggetto
[..]

4.2 L'Associazione si propone, in particolare, di costituire un forum di
discussione avente ad oggetto lo sviluppo dell'energia nucleare in Italia al
fine di incentivare il progresso scientifico, tecnologico, industriale,
economico e sociale del Paese.
Chi si propone "lo sviluppo dell'energia nucleare", non si pone certo la domanda se sia giusto e opportuno sviluppare l'energia nucleare.

La mia miserrima opinione

Ritengo piuttosto, ma sono sicuro che mi sbaglio, che lo spot televisivo e il Forum siano un modo per manovrare l'opinione pubblica italiana verso posizioni più favorevoli all'uso dell'energia nucleare in Italia.
Al momento opportuno, ma mi sto sicuramente ancora sbagliando, sarà esibito l'immancabile sondaggio che dimostrerà come lo XX (diciamo il 65?) per cento degli italiani sia favorevole al ritorno all'energia nucleare.



Link:

Valutazione di ASPO Italia sul nucleare
Notizia su IlSole24ore.com della nascita del "Forum Nucleare Italiano"
Miei post precedenti sul Nucleare

Quattro anni per cambiare il mondo?

Si può cambiare il mondo in 4 anni?
Meglio: si possono cambiare le abitudini di una minoranza della popolazione mondiale che vive una vita comoda e sicura, sperperando risorse primarie e secondarie, e farla diventare consapevole, coscienziosa, rispettosa dell'ambiente e del prossimo?

Lo sapremo tra 4 anni.




Link:

fouryearsgo.org

lunedì 20 dicembre 2010

Torna a casa Lillo: un servizio al mio (peggior) TG preferito :-)


La settimana scorsa è tornato a casa Lillo, il nostro gatto di casa, dopo 3 anni e mezzo di assenza ingiustificata. Sulle prime, pensavo a un millantatore, un randagio qualsiasi capitato per caso, invece era proprio lui.
Non ho la minima idea di dove sia stato tutto questo tempo, sta di fatto che adesso è in casa, anche se ha qualche dente in meno e, secondo la veterinaria, l'artrosi alle zampe posteriori. Del resto ha ormai più di 12 anni, di cui gli ultimi non devono essere stati facili.
La notizia potrebbe finire qui, nel più completo anonimato.

Mi piace però pensare che un noto telegiornale d'Italia, uno di quelli famosi, fosse venuto a conoscenza della novità e ci avesse proposto un servizio su Lillo. Noi avremmo sdegnosamente rifiutato (ovvio!)... però... sarebbe sicuramente stato così!
(ok ok, siamo nel campo delle "elucubrazioni" mentali più perverse)

GATTO FEDELE TORNA A CASA DOPO 3 ANNI, 
SFUGGENDO A MORTE SICURA E ATROCE!
(dato che la notizia si basa sul nulla, bisogna che il titolo crearci un po' di materiale intorno!)


[immagini della famiglia festante attorno al proprio gatto, in casa, davanti all'albero di Natale, con tutte le luci accese]

Commento: una notizia che ha dell'incredibile, un fatto che non si sentiva dai tempi del celeberrimo gatto siamese di Lambrate: dopo 3 anni di vagabondaggio, Lillo, il gatto tigrato della famiglia Cavedon è tornato a casa.

[intervista alla mamma, inquadratura in primo piano con il gatto in braccio]

"Si, ho sentito miagolare fuori dalla porta, e quando ho aperto non credevo ai miei occhi, Lillo è entrato e si è subito diretto verso la sua cuccia in garage!"

[immagini del gatto in primo piano]

Commento: Un fatto straordinario accaduto a Zanè, tranquillo paesino della provincia di Vicenza, ai piedi dell'altopiano di Asiago. Lillo è tornato a casa! Il gatto tigrato meticcio, orgoglio della famiglia Cavedon di Zanè, ha vissuto con loro dal 1998, fino a che, a giugno del 2007 si è assentato e non è più tornato a casa.
(avete presente una roba del tipo "Cara, vado un attimo fuori a prendere le sigarette"? Ecco!)


[immagini del giardino di casa, la videocamera ad altezza gatto - l'inquadratura indugia un attimo su un mucchietto di foglie sospetto]

Commento: Nessuno sa dove sia stato Lillo in questi tre anni, certo è che se l'è cavata alla grande, visto che è tornato in ottime condizioni di salute.

[intervista alla mamma, inquadratura in primo piano con il gatto in braccio]

"Si, sta bene, ma è invecchiato, ormai ha 12 anni, che sono tanti per un gatto, ma la veterinaria ha detto che sta bene. A parte il fatto che ha dovuto levargli qualche dente. E ha anche l'artrosi alle gambe posteriori. Ma sta bene."

[immagini del Bar Evelina, il più famoso bar del paese con alcuni avventori ultra settantenni che giocano a carte]

Commento: a Zanè non si parla d'altro. Al Bar Evelina è l'argomento del giorno, e sono molte le ipotesi su dove sia stato il gatto Lillo tutto questo tempo.

[intervista alla barista]

"Si, conosco la famiglia Cavedon, vengono qui a bere il caffè ogni tanto, una famiglia per bene. Il gatto? No, non lo conosco, mi hanno detto che è uno che gli piace stare sulle sue"

[intervista ad alcuni avventori]

"Lillo chi?? Chi xe morto??" (trad. Lillo chi? Chi è morto?)
"Lillo... Lillo.... Lillo, no, no eo conosso" (trad. Lillo, Lillo, Lillo, no, non lo conosco)
"Lillo? Ma xeo queo che ga sposà la Maria Bistrota? Un gato?? Un gato?? Ma ghe pare che mi conossa i gati? (Lillo? No, non lo conosco)
"Un gato? Bon in tecia!" (trad. Un gatto? Il gatto è il miglior amico del vicentino)

[ancora immagini del giardino di casa, la videocamera ad altezza gatto - l'inquadratura indugia con insistenza su un pallone dalla rotonda forma sospetta]


Commento: intanto la famiglia Cavedon si gode il suo gatto. Anche Belen Rodriguez ama i gatti e infatti ne ha uno a casa di nome Rodolfo.

[immagini di Belen Rodriguez in abiti discinti - di gatti neanche l'ombra]

Commento: Pensate che Belen Rodriguez dopo aver recitato nell'ultimo cinepattone è tornata a casa e ha subito coccolato il suo gattone persiano.

[ancora immagini di Belen Rodriguez, sempre più discinta - di gatti neanche l'ombra]


Commento: un bel regalo di Natale per la famiglia Cavedon.
FINE.

domenica 19 dicembre 2010

In cambio di cosa? Perché ho lasciato perdere i concorsi online (e anche voi fareste bene)


Stamattina, mi ero messo lì, davanti al computer collegato a Internet, con il resto di una confezione di una bevanda calda, venduta in busta, tipica della stagione invernale. Insomma, una cioccolata!
C'era un concorso molto attraente, che dava in premio un viaggio in Australia. Ho detto, che bello! Magari! Perché non provarci?
Allora vado sul sito e una volta lì mi chiedono di registrarmi per partecipare al concorso. Esito un attimo. Vabbè, vediamo un po'... per partecipare... Nome.. OK, Cognome... OK, Data di nascita (ma che cavolo gli serve!?!?)... OK, Cellulare... Provincia... email.... ma va là!
Lascio perdere e mollo lì la registrazione, e l'Australia Promessa.

Guardando meglio

Guardando meglio il sito, noto che per partecipare al concorso, avrei dovuto dare l'assenso al trattamento dei miei dati a ben 3 aziende, che avrebbero potuto usare i dati o cederli a terzi, sempre per iniziative promozionali, commerciali, ecc.. ecc...

Il giochino dei concorsi

Il giochino dei concorsi è molto semplice: tu gli dai i tuoi dati personali, e in cambio potresti forse vincere qualcosa. Lo scambio è per niente equo. La incerta possibilità di vincere qualcosa - pur appetitoso - viene barattata con la certezza assoluta che per il resto della nostra povera esistenza saremo martellati da posta, SMS e chiamate che tentano di vendere qualsiasi cosa si possa vendere.

La legge permette qualsiasi abuso, a meno che

Con la legge numero 178 del 7 settembre 2010, entrata in vigore il 17 novembre 2010, gli operatori di telemarketing (le aziende che fanno pubblicità al telefono) possono usare gli elenchi a loro disposizione - anche quelli acquisiti in passato quando non c'era specifica legislazione su questa materia - per la loro attività. L'unico obbligo che hanno è quello di "dialogare" con un "registro pubblico degli abbonati che si oppongono all'utilizzo del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali." Nel caso il nominativo che hanno nei loro elenchi è anche nel registro, devono provvedere a cancellarlo.
Il registro è ora in fase di realizzazione e deve essere attivato entro 90 dalla data della pubblicazione della legge 178/2010 sulla Gazzetta Ufficiale, che è avvenuta il 2 Novembre 2010.

In pratica, chi non vuole ricevere telefonate commerciali deve iscriversi a questo registro.

Siamo al completo ribaltamento del diritto alla privacy del cittadino, a favore delle aziende. Perché mai dovrei iscrivermi a un pubblico registro perché nessuno mi rompa le scatole? Chiunque possiede i miei dati deve anche avere la mia autorizzazione esplicita e confermata, che consenta loro di utilizzarli.
Personalmente, ho lasciato perdere i concorsi online, e tutte le occasioni in cui mi richiedano i miei dati personali.
Anche se non basterà.


Link:

Articolo di approfondimento su Agora Magazine
Testo della legge numero 178/2010
Il "Registro Pubblico delle Opposizioni" sul sito della Fondazione Bordoni

sabato 18 dicembre 2010

Banda larga: Italia agli ultimi posti in Europa

I 4 lettori che leggono 'sto blog sanno che la Banda Larga, cioè l'accesso veloce a Internet, è uno dei miei chiodi fissi.
No, non per scaricare film e musica gratis e velocemente, bensì per permettere a persone e aziende di accedere a servizi avanzati, tipici del Web 2.0.
No, non sto parlando di Facebook e Twitter, ma dei servizi di come e-gov (e-governement o amministrazione digitale) o social media marketing, e altre forme che sfruttano a fondo le caratteristiche di Internet, ma che hanno bisogno di almeno una velocità di accesso alla rete di almeno 256 kbit per essere per lo meno decenti.

La situazione Europea

L'Eurostat ha recentemente pubblicato una piccola panoramica dell'accesso a Internet in Europa. La notizia in realtà parla di "80% of young internet users in the EU27 active on social media" (80% degli utenti giovani di Internet dei 27 Paesi dell'Europa utilizzano attivamente i media sociali), ma offre uno spunto di riflessione sull'accesso a Internet. La statistica è relativa al primo trimestre del 2010, ma è ragionevole pensare che, almeno in Italia, la situazione non sia cambiata di molto.
In testa all'acceso via Banda Larga a Internet ci sono i Paesi Nordici, con la Svezia (83% delle famiglie dispone di accesso) al primo posto, seguita da Danimarca (80%) e Finlandia (76%). L'Italia è in coda al gruppo, passando dal 16° del 2006 al 23° posto del 2010, con il 49%. Peggio dell'Italia solo da Romania (23%), Bulgaria (26%) e Grecia (41%).

Ma si può anche peggiorare

Difficile vedere il bicchiere mezzo pieno per quanto riguarda la situazione italiana, per una serie di fattori che imbrigliano le risorse o le dirottano altrove.
Si comincia dal Governo, che ha poca fiducia nello sviluppo della Banda Larga, basti pensare ai fantomatici 800 milioni di euro di risorse da destinarvi, più volte promessi, più volte rimandati, e di cui ne ho personalmente perso le tracce. Lancio un appello: se qualcuno ne ha notizia, mi contatti!
Si passa poi a Telecom Italia, il principale operatore telefonico del mercato italiano. Spetterebbero a Telecom i maggiori investimenti nella Banda Larga. Ma è indebitata fino al midollo e non può permetterseli. Poco interessa poi se evolve munifici stipendi ai propri manager e utili agli azionisti. Se non bastasse, è detenuta da un operatore concorrente straniero (Telefonica), che forse è più interessato a un ritorno immediato dell'investimento (sotto forma di utile) che a investire ulteriormente.

Ma le amministrazioni, nel loro piccolo

Le uniche piccole speranze di miglioramento sono in alcune amministrazioni locali, Comuni, Province e Regioni, che sono le uniche che credono nella Banda Larga, e che si mobilitano attivamente per coprire le proprie zone di competenza. Il risultato è una Banda Larga diffusa a macchia di leopardo. C'è solo da augurarsi che le macchie diventino sempre più grandi.


Link:

News Eurostat (in inglese) sulla diffusione della Banda Larga in Europa
Miei precedenti post sulla Banda Larga
E-government su Wikipedia
Social media marketing su Wikipedia

mercoledì 15 dicembre 2010

Una passeggiata serale


Ieri sera, dopo cena, dovevo andare a prelevare un po' di soldi dal bancomat. Niente di strano, è che il bancomat è a un paio di chilometri da casa, e la macchina era già in garage. Ho quindi deciso di farmi una passeggiata, niente di impegnativo, quattro passi all'aria aperta.
 
Mi imbacucco come un black boc - sembra vada di moda - e mi incammino.
Fuori fa freddo, niente di che, dopo 10 minuti neanche me ne accorgo più.

Mentre cammino penso con invidia all'amica palestrata, che non salta una lezione, in palestra appunto.
Io proprio non ce la farei mai.
Troppi impegni.
E sono anche bravissimo a trovare scuse!

In giro non c'è un cane.
Forse per il freddo.
Forse perché (ancora) orario di cena.
Forse già stravaccati sul divano, davanti allo scatolone magico della TV.

Camminare di notte, senza nessuno in giro, nel silenzio delle strade vuote, senza cuffiette, invece è una roba da gente intelligente - mi dico - mica è facile restare tanto a lungo con niente altro in testa che i propri pensieri.
E bisogna averne di pensieri, sennò ci si annoia e si ritorna subito a casa.

Camminare di notte, senza nessuno in giro, nel silenzio del proprio vuoto - mi dico - è una roba da uomini. Se fossi una donna, avrei paura a incontrare per strada uno come me.

"Digestione lenta... Avrei dovuto evitare quel secondo piatto di trennette al pesto."
 
Il cielo si vede a malapena tra i lampioni gialli, ma ci sono le stelle e, già bella alta, una fetta generosa di Luna.

Impiego più di mezz'ora per arrivare al bancomat. E mi ci vorrà altrettanto tempo per tornare.
Se avessi usato la bici ci avrei messo 10 minuti.
Con l'auto 5.
Strana cosa, la vita vissuta alla velocità dei propri piedi.

"Avrei dovuto evitare quell'altro pezzo di stinco di maiale. O forse sono i cavoli bolliti."
 
Arrivo a un tratto di strada dove non ci sono più lampioni.
Adesso il cielo nero punteggiato di stelle si vede bene.
Ma ancor più bene si vede la ancor più nera onda che circonda per tre quarti la pianura dove vivo.
Azzurra di giorno, l'onda adesso scura delle montagne circostanti, è uno tsunami pietrificato che incombe o protegge la pedemontana.
Il buio mi inghiotte.
A malapena riesco a far uscire qualche pensiero da tutto questo scuro.

A farmi questo effetto è il buio pesto oppure è il pesto della pasta?

Mi fermo un minuto ad ammirare le stelle.
Non capisco niente di costellazioni, ma fa un certo effetto uscire dalla cappa giallastra dei lampioni per trovarsi illuminati dalla luce fredda di Luna e stelle.
Un po' come quando si esce di casa e si respira l'aria fresca del mattino.
Aria fresca per gli occhi e lo spirito.
Son lì che guardo, e silenziosa passa una stella cadente.
Neanche il tempo di esprimere uno straccio di desiderio, che è già passata.
A pensarci bene, il desiderio si è già realizzato: adesso, non vorrei essere in nessun altro luogo.

giovedì 9 dicembre 2010

Chromium, le traduzioni passano per Launchpad


Con un post sul suo blog, David Planella, dipendente di Canonical, "Ubuntu Translations Coordinator"  (UTC) (coordinatore delle traduzioni Ubuntu), nonché traduttore di Ubuntu in Catalano, ha annunciato che Chromium è adesso traducibile su launchpad, la piattaforma web per lo sviluppo e la traduzione di Ubuntu.

Chromium è la versione "smarchiata" e completamente libera del popolare Google Chrome, il browser web di BigG. Chromium non è installato in Ubuntu in maniera predefinita, ma è disponibile a un clic di distanza, su Ubuntu Software Center.

La traduzione su launchpad.net è stata resa possibile da Fabien Tassin, MOTU (sviluppatore) di Ubuntu, che ha disegnato e sviluppato il processo di traduzione. Se qualcuno si sta domandando come abbia fatto, la risposta sta nel semplice grafico qui sotto, pubblicato sul blog di David.

La traduzione di Chromium su launchpad.net, chiaro no?
(fonte http://davidplanella.wordpress.com)

Personalmente c'ho capito poco, ma dovrei riuscire a dormire lo stesso, stanotte. 

Invece, tra le cose interessanti che David scrive sul suo blog, apprendiamo che Chromium non aveva una propria struttura di traduzione e che le traduzioni esistenti derivavano in larga parte dal "fratellone" Chrome. Adesso con launchpad, Chromium avrà le sue traduzioni, probabilmente anche in molte più lingue di quelle attualmente disponibili, ma probabilmente queste non saranno riportate su Chrome, visto che quest'ultimo ha appunto un suo sistema di traduzione proprietario.

La traduzione di Chromium è aperta ai gruppi di traduzione di Ubuntu. Per tradurlo in italiano bisogna quindi fare parte del glorioso Gruppo Traduzione di Ubuntu-it.

Che aspettate? Dare una mano a Ubuntu non è mai stato così facile...


Link:

Post dell'annuncio sul blog di David Planella
Il Gruppo Traduzione sul wiki della Comunità Italiana ubuntu-it

martedì 7 dicembre 2010

Wikileaks: si spara sul "pianista"


Cominciamo dai fatti: Wikileaks, il sito fondato da Julian Assange, svela fatti e notizie segrete, specie degli USA, ma che riguardano anche un po' tutti i suoi alleati. Fatti scomodi, alcuni proprio criminali (come il comportamento delle truppe americane nelle zone di guerra), altri più simili al gossip, su cui stendo un velo pietoso, anche perché rivelano quanto siano lontane le dichiarazioni di facciata dai veri rapporti internazionali.

A questo punto, i Governi si "arrabbiano" e cercano di far tacere Wikileaks, sabotandolo in tutti i modi e perseguitandone il leader.

Alcune considerazioni sulla vicenda.

La prima è che, come scrive lo stesso Assange su "The Australian", si sta "sparando sul pianista", ma la partitura del pezzo gliel'ha passata qualcun altro. Casomai sarebbe questo qualcuno, che ha rivelato documenti segreti, a dover essere perseguito.
Per fare un paragone, nel caso dello scandalo Watergate, nessuno pensò mai di incriminare i giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein per aver rivelato la storia.

La seconda cosa è che mentre si spara sul pianista, passano in secondo piano le rivelazioni fornite da Wikileaks, che dovrebbero essere invece la Notizia. Questa tecnica è molto semplice: si distrae il grande pubblico dalla notizia principale, e si dirotta l'attenzione e il faro dell'informazione su aspetti secondari. Questa tecnica può tranquillamente essere definita censura. Una sorta di sovraccarico di informazioni, che fanno slittare la Notizia in ombra, in secondo piano. Strano (ma neanche tanto) vedere Stati che si ergono a difensori della democrazia usare questa tecnica per (tentare di) nascondere le proprie malefatte.

La terza considerazione riguarda il fatto cha anche Wikileaks potrebbe essere in futuro (o già adesso) essere strumentalizzata per orientare l'opinione pubblica. Il grosso guaio dell'Informazione con la "I" maiuscola è che per essere vera deve anche essere completa, sennò diventa disinformazione, se non mistificazione. Ma come possiamo sapere se quanto è pubblicato è tutto quel che è successo, o è solo una parte, svelata ad arte?
Si lo so, sono paranoico.


Link:

Articolo di Assange su The Australian
Lo scandalo del Watergate su Wikipedia
Lettura interessante: Mantellini su Wikileaks
Lettura interessante: Wittgenstein su Wikileaks
Lettura interessante: Luca De Biase su Wikileaks

Non spegnete quel server! Ci gira Internet, sopra...

 Il primo server web (fonte it.wikipedia.org)

Tutti voi sapete che il world wide web, è nato al CERN di Ginevra, ad opera di Tim Berners-Lee e Robert Cailliau nel 1989.
Poi il CERN nel 1993 rilasciò liberamente la tecnologia, che da allora si diffuse in tutto il mondo. 
Poi la cosa degenerò, e adesso esiste Facebook, vabbé.

Fonte: http://www.flickr.com/photos/sbisson/298158460

Fa sorridere l'etichetta con la scritta "This machine is a server. DO NOT POWER IT DOWN!!" (trad. "Questa macchina è un server. NON SPEGNERLA!"), se si pensa che allora bastava spegnere un computer per spegnere tutto il WWW!

Fa' invece riflettere se si pensa alla vicenda scomoda di Wikileaks, che urta i poteri forti, e che gli stessi tentano di spegnere in tutti i modi. Ci riusciranno?

PS: si, il computer era un NeXTcube, creatura dell'allora reietto creatore di Apple Steve Jobs, ma questa è un'altra storia.


Link:

Link alla voce sulla nascita del web al CERN su Wikipedia
La prima pagina web della storia ad opera di Tim Berners-Lee

venerdì 3 dicembre 2010

Doverosa smentita: gli alieni non sono arrivati (oppure sono arrivati ma non li abbiamo visti).

Quindi, cosa ne pensi? Vita intelligente o no?
Mmmm... quelli con il cervello sembrano OK, ma non molto sono sicuro su quelli con le palle.

In un mio post precedente, avevo annunciato per il 24 novembre 2010, l'inevitabile e prossima venuta degli alieni sulla Terra, che avrebbe portato a uno sconvolgimento della vita sul nostro Pianeta.
In realtà è successo che nessuno li ha visti.
Ma potrebbe non essere vero che non sono arrivati, solo che non ce ne siamo accorti.
Vi sottopongo quindi un elenco di diverse possibilità.

Ipotesi A-1: gli alieni sono già tra noi

Ebbene si, gli alieni sono già tra noi. Sono arrivati sulla Terra sotto forma di spore aliene, e si stanno sostituendo un po' alla volta agli esseri umani veri, copiandone le sembianze fin nei minimi particolari. Ci si accorge della differenza solo perché i replicanti non manifestano nessuna emozione, e hanno qualche difficoltà a parlare correttamente.
Una prova vivente della loro esistenza? Avete presente José Mourinho? Ecco.



Ipotesi A-2: gli alieni sono già tra noi


Gli alieni sono arrivati sulla Terra, nascondendosi in una sonda della NASA di ritorno dall'orbita terrestre. Appena arrivati, hanno sterminato un intero paese, risparmiando però un vecchio e un bambino. Poi hanno fatto completamente perdere le trecce.
Indagando sull'accaduto, la NASA ha scoperto che gli alieni erano dei batteri, che si sono combinati con batteri terrestri, diventando quindi innocui. Date le dimensioni microscopiche, gli unici contatti che si è riuscito a stabilire con loro corrispondono ai normali sintomi di un forte raffreddore.

Ipotesi B-1: gli alieni sono arrivati ma sono morti tutti 

Gli alieni sono arrivati con le loro astronavi, il 24 novembre, ma sono morti tutti, stramazzati al suolo, prima di riuscire a fare un passo. La causa è imputabile al fattore combinato di inquinamento dell'aria e buco dell'ozono.
Il Governo USA ha provveduto a sotterrare alieni, armi e bagagli nella segretamente nota Area 51.

Ipotesi B-2: gli alieni sono arrivati ma sono morti tutti 


Gli alieni sono arrivati con le loro astronavi, il 24 novembre, ma sono morti tutti, stramazzati al suolo, prima di riuscire a fare un passo. La causa è imputabile al raffreddore, malattia sconosciuta sul loro Pianeta, e perciò loro letale.
Il Governo USA ha provveduto a sotterrare alieni, armi e bagagli nella segretamente nota Area 51.



Ipotesi B-3: gli alieni sono arrivati ma sono scappati

Gli alieni sono arrivati con le loro astronavi, il 24 novembre, ma sono scappati subito, visto l'inquinamento dell'aria, il buco nell'ozono, e i batteri del raffreddore.



PS: prima di applaudire o criticare, sappiate che buona parte di quello che ho scritto è ispirata a film (o romanzi) di fantascienza! :-) Chi li riconosce?!?

Link:

Mio post precedente sull'argomento

Aderisco all'appello "Appello per una Puglia libera dal software proprietario"


Qualche giorno fa ho scritto un post critico sulla scelta della Regione Puglia di sottoscrivere un accordo con Microsoft, i motivi della critica sono riportati su quel post.

Oggi ho scelto di sottoscrivere l'appello lanciato da Guido Iodice, e da molti altri, per inviare il Presidente della Regione Puglia a compiere una scelta diversa, e dare una possiblità al Software Libero.

Chi vuole fare come me, e come tanti altri che già hanno aderito, può farlo seguendo le indicazioni riportate in fondo all'appello.

Link:

Mio post precedente sull'argomento
Testo dell'appello sul sito AssoLi
Testo dell'appello sul blog di Guido Iodice

mercoledì 1 dicembre 2010

Fine di una cosa inutile: dal 1 gennaio 2011 stop alle buste di plastica (ma non basta)


Quando guardo le mie bambine, penso spesso al loro futuro, e a cosa posso fare per renderlo migliore. Non è retorica di serie B, ma seria preoccupazione di un papà qualunque. Uno dei miei (tanti) crucci riguarda l'ambiente: come posso, nel mio piccolo, fare in modo che loro crescano in un mondo vivibile e non un cumulo informe di immondizia e inquinamento?

Ho letto quindi con un sospiro di sollievo la notizia che la "cosa inutile" (come avevo definito la "busta di plastica", in un mio post precedente) giunge al termine della sua inutile esistenza. Dal 1 gennaio 2001, anche in Italia non saranno più in circolazione le buste di plastica. L'Italia si adegua così alla normativa Europea, con un anno di ritardo sui tempi inizialmente previsti.

Già da tempo, i più virtuosi consumatori si sono dotati di borsette in carta o tessuto, e rifiutano con sdegno la busta di plastica offerta dalla cassiera. Sembra addirittura che questi siano il 73% degli italiani!
Già da tempo, le più virtuose catene di supermercati si sono dotate di buste in tessuto, carta o plastica biodegradabile.

Salto culturale

Ma quello che deve entrare nella testa della gente è che le borse di plastica non vanno sostituite in toto con quelle di biodegradabili: non si possono coltivare ettari di campi di grano solo per fare la spesa! Né si possono sostituire con quelle carta: non si può abbattere l'Amazzonia per lo shopping natalizio!

Si deve innanzitutto provvedere a ridurre al minimo l'utilizzo di materie, siano queste riciclabili o meno. Per farlo è necessario un deciso salto culturale, sicuramente già in atto, ma ancora non sufficiente per garantire un futuro migliore alle prossime generazioni: non ci si può permettere di consumare un pianeta e mezzo all'anno!


Link:

Mio precedente post sull'argomento
Altro mio precedente post sull'argomento
Articolo su Repubblica.it sulle buste in plastica
Articolo su Repubblica.it sul consumo della Terra

martedì 30 novembre 2010

Ubuntu Touch: siamo sulla buona strada

È visibile su Youtube un video che dimostra lo stato del supporto Ubuntu ai sistemi con touch screen. Non siamo ancora a livello di ben più famose PADelle, ma direi che siamo sicuramente sulla buona strada. Qui sotto il video.

Ma Nichi Vendola sbaglia sul Software Libero

Ho seguito con interesse e disincanto il dibattito aperto da Assoli, che con un comunicato stampa del presidente prof. Renzo Davoli ha invitato il Presidente della Regione Puglia a non firmare l'accordo di collaborazione tra la Regione Puglia e Microsoft. L'accordo prevede la creazione di un "centro di competenza" congiunto tra Regione e Microsoft, e una serie di rapporti privilegiati che Microsoft avrà dalla Regione Puglia. Per chi vuole leggersi il dettaglio, trova il collegamento al testo integrale dell'articolo in fondo a questo post.

L'accordo è sbagliato perché contiene una serie di presupposti errati.

Vendola:  "L’obiettivo è stimolare l’innovazione”. 
Primo errore: con l'accordo non si stimolerà l'innovazione

Un accordo privilegiato con un monopolista non può portare innovazione. Se anche dovesse succedere, sarà nei limiti e nei binari di quanto decide e comanda il monopolista, che è sicuro di poter mettere sul campo tutto il suo peso e la sua competenza.

Vendola: "compito di un’amministrazione – amministrazione, non un partito – sia quello di non ostacolare nessuno ma di creare le condizioni per una libera concorrenza"
Secondo errore: con l'accordo non si favorisce la libera concorrenza

Come può un accordo privilegiato con un solo fornitore, per giunta monopolista, favorire la libera concorrenza? Casomai la si fa morire sul nascere! La libera concorrenza si sarebbe potuta favorire se all'accordo avessero partecipato pareteticamente altre grosse aziende del settore come IBM, Google, HP, Oracle, ecc.

Vendola "[il software libero] un prodotto evoluto e gratuito portato avanti da eserciti di volenterosi supertecnici che lavorano di notte negli scantinati affascina ma non convince del tutto."
Terzo errore: il Software Libero è sviluppato soprattutto dalle aziende

Il Software Libero è portato avanti da aziende (tante aziende) E da persone, anche da persone sociopatiche che vivono negli scantinati.

Non solo da una sola azienda - come è invece lo sviluppo di un altro sistema operativo monopolistico. E non solo da persone.
L'idea romantica di mocciosi con problemi esistenziali che sviluppano software di notte nei bui anfratti di qualche locale interrato, deriva da una certa filmografia di serie B. Idea dura a sradicarsi dai luoghi comuni, e dai politici nostrani.

In realtà il Software Libero è una grossa opportunità per fare crescere localmente persone in grado di lavorare in qualsiasi realtà di livello mondiale. Si possono allevare in casa persone che interagiscono - grazie alla Rete - con altre persone in tutto il mondo, senza andare a importate intelligenza e tecnologia da Redmond.

Nessuno nega l'importanza dell'aspetto economico come "l’aver portato un colosso come Microsoft ad investire, a lavorare nel Sud d’Italia, senza investimenti pubblici". Però la scelta fatta contrasta con l'intenzione (che non è una legge) di emanare una legge regionale "per rafforzare la migrazione verso l’open source dei servizi che la Regione Puglia finanzia in favore di tutte le Pubbliche Amministrazioni pugliesi." Come si fa a favorire il Software Libero con un tale ospite in casa? Un'azienda che nel passato e nel presente combatte la diffusione del Software Libero, arrivando a dire che "Linux è un cancro"!

Perla finale

Andando a spulciare l'accordo poi si legge (art. 2, comma c):
c) Favorire l’accesso e l’utilizzo del mondo scolastico e dei sistemi dell’istruzione alle
tecnologie ed agli strumenti informatici più aggiornati, valorizzando l’impiego di soluzioni IT per fini didattici ed amministrativi, anche in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale. Per il perseguimento di detta finalità, le Parti individuano a titolo esemplificativo le seguenti attività o iniziative:
[..]

  • promozione di programmi o progetti dedicati al settore Education che prevedono favorevoli condizioni per l’acquisto di software per le scuole.
Beh, favorire l'acquisto di software per le scuole sembra davvero favorire chi quel software lo vende, in barba ai buoni propositi di adozione del Software Libero nella Pubblica Amministrazione.


Link:


Comunicato stampa di Assoli (da softwarelibero.it)
Post di Nichi Vendola sull'accordo Puglia - Microsoft (dal nichivendola.it)
Post di Flavia Marzano (da dailywired.it)
Risposta di Nichi Vendola (dal partito-pirata.it)
L'accordo Regione Puglia - Microsoft (dal sito della regione Puglia)

sabato 27 novembre 2010

Installazione e prova di Ubuntu 10.10 Maverick Meerkat - prima parte

È passato ormai più di un mese dall'uscita di Ubuntu 10.10 "Maverick Meerkat", e finalmente ho trovato il tempo per installarlo sul PC desktop di casa. Non perché Ubuntu 10.04 LTS andasse male, ma perché volevo vedere come andava la nuova versione e darne conto sul blog.

In questa prima parte vedremo come installare Ubuntu 10.10, come sia estremamente facile e serva poco tempo, sfatando i tanti miti che ancora aleggiano attorno a Linux. Nella seconda parte (di prossima pubblicazione) vedremo come va Ubuntu 10.10, quali sono le caratteristiche e i programmi principali.

Pamela, la macchina in prova

Chi di voi ricorda la mia recensione sull'installazione di Ubuntu 10.04, sa che il mio computer è dotato di:
  • CPU AMD Athlon 64 X2 
  • Scheda madre Asus M2N
  • Memoria RAM 2 GB
  • Hard disk SATA Western Digital WD800JD-75MSA3 da 80 GB
  • Scheda video ATI Radeon 3250 con 256 MB di memoria
  • Masterizzatore DVD TSST Corp. SH-W162c
Il nome è conseguenza delle sue caratteristiche: signora che ha passato la prima giovinezza, ma che fa ancora la sua bella figura. Dall'ultima volta che ne avete sentito parlare si è fatta un ritocchino (hard disk nuovo).

Prova del CD Live

Provare Ubuntu senza installare niente sul computer è una delle cose più facili del mondo:
  • scaricare l'immagine ISO di Ubuntu 10.10 da Internet - oppure procurarselo da un amico, oppure farselo spedire a casa da shipit, oppure farselo spedire a casa dalla Comunità Ubuntu-it (in fondo al post i link)
  • con un qualsiasi programma di masterizzazione, masterizzare l'immagine ISO scaricata su un CD vergine
  • avviare il computer con il CD appena masterizzato, e con il lettore CD come primo dispositivo di boot
Per la mia prova ho usato "Ubuntu 10.10 Desktop Edition 64-bit", cioè la versione per "AMD 64". Questa versione è ottimizzata per le CPU di marca AMD dotate di architetture a 64 bit (come il processore Athlon 64 X2 della mia macchina). Se avete dubbi su quale versione usare per il vostro computer, potete usare tranquillamente "Ubuntu 10.10 Desktop Edition 32-bit", che funziona bene quale che sia il vostro PC.

Ubuntu 10.10, come tutte le moderne distribuzioni Linux, è diffuso sotto forma di "CD Live", un CD che si può usare senza modificare e senza installare niente sul computer. Questo è un ottimo sistema per vedere come va la distribuzione e capire se tutte le periferiche del computer sono riconosciute correttamente.
Avviando il computer dal CD live di Ubuntu, appare la seguente videata.

Prima videata boot di Ubuntu 10.10, uguale a Ubuntu 10.04

La videata era una delle novità di Ubuntu 10.04, adesso oramai ci sarete abituati. In basso si notano strani simboli: il primo indica una "tastiera", poi c'è un "=" e poi un altro simbolo, un omino (che indica "accessibilità"). In sostanza significano "se premi un tasto accedi al menu con tutte le opzioni di avvio di sistema Ubuntu". Il menu è questo.

Il classico menu di avvio di Ubuntu, presente anche sulla 10.10

Con questo menu si può scegliere se avviare Ubuntu in modalità "live" oppure installarlo. Inoltre si accede ad ulteriori opzioni:
  • la lingua con cui avviare il sistema
  • la tastiera da usare
  • la modalità video (per schede video vecchie)
  • altre opzioni di accessibilità
Se non si è premuto nessun tasto, il sistema si avvia in modalità "live". Per un po' di temo vedrete sul monitor solo questo.

La videata che appare durante l'avvio di Ubuntu 10.10

Dopo circa 3 minuti (ma questo dipende dalla velocità del computer e del lettore CD), si accede a questa videata.

Il nuovo menu grafico di avvio di Ubuntu 10.10

Da questa videata si può scegliere la lingua, cosa che noi facciamo subito.

Il nuovo menu grafico di Ubuntu 10.10 in italiano

Questo menu altro non è che la trasposizione grafica del "vecchio menu" testuale delle versioni precedenti (vedi sopra). Come potete vedere, si può scegliere se:
  • provare Ubuntu 10.10
  • installare Ubuntu 10.10
Scegliamo "Prova Ubuntu 10.10".
Passa ancora un minuto e finalmente si arriva al desktop di Ubuntu 10.10.

Ubuntu 10.10 live

Ubuntu 10.10 appare graficamente come la naturale prosecuzione del deciso cambio di rotta visto nella release precedente. In più, si nota una maggiore luminosità del tema "Radiance", un ritorno deciso all'arancione, ovviamente un nuovo sfondo del desktop, ma soprattutto una pulizia estrema e una estrema rifinitura, fin nei minimi particolari. I controlli delle finestre sono ancora a sinistra, e staranno lì, viste le prossime evoluzioni! I più attenti, avranno notato sicuramente come il tipo di carattere predefinito sia il nuovo font "Ubuntu", una piccola chicca per affezionati.

Appare subito un messaggio - in inglese - in alto a destra.

Il messaggio che avvisa della disponibilità di driver proprietari

Il messaggio avvisa che sono disponibili "restricted driver" (cioè programmi non liberi) per il computer. Se si fa clic sul messaggio, oppure sull'icona simile, che è apparsa sull'area di notifica in alto, si passa all'installazione dei driver, che però è inutile su una versione "live". Comunque, ritornerò su questo argomento nel prossimo post.

Per chi usa Ubuntu per la prima volta, consiglio di "giocarci" un po', provare tutte le periferiche, non solo mouse e tastiera! In particolare alcuni dispositivi recenti, come chiavette USB per navigare su Internet e schede Wi Fi, potrebbero non funzionare su Ubuntu. Prima di installare Ubuntu assicuratevi quindi che funzionino. Passiamo quindi all'installazione di Ubuntu 10.10.

Cominciamo l'installazione di Ubuntu 10.10

I passi per installare Ubuntu 10.10 sono davvero pochi e semplici. Questa volta non farò perdere tempo a mia figlia, che ha meglio da fare, e quindi provvederò personalmente.
Per installare Ubuntu 10.10, basta selezionare l'icona in alto a sinistra "Installa Ubuntu 10.10" e rispondere alle semplici domande che il sistema richiede. Facciamo quindi clic e vediamo cosa succede.

Installazione di Ubuntu 10.10: selezione della lingua

Chi conosce già Ubuntu, noterà che la grafica del programma di installazione è stata leggermente rivista, una piccola novità che ribadisce la cura riservata in Ubuntu 10.10 anche ai piccoli particolari.
Si comincia con il selezionare la lingua. Avendo scelto già "Italiano" in avvio, questo è già impostato sulla prima finestra che appare. Avanti.

Preparazione all'installazione

 Installazione di Ubuntu 10.10: scelta dei parametri di installazione, 
in questo caso il computer è sconnesso dalla Rete.

Si passa alla finestra di "Preparazione all'installazione di Ubuntu". Si tratta di una novità di Ubuntu 10.10, prima non presente, e volta a semplificare ulteriormente l'installazione. In questa finestra il programma di installazione controlla che:
  •  il disco fisso presente sul computer abbia almeno 2,6 GB di spazio libero - lo spazio minimo necessario a Ubuntu per installarsi;
  • sia collegato alla rete elettrica - questa cosa vale per i portatili: è buona cosa che il portatile sia collegato alla rete elettrica, piuttosto che funzioni solo con la batteria; in questo secondo caso, la carica della batteria potrebbe esaurirsi nel corso dell'installazione, causando danni importanti - anche irreversibili - al computer;
  • sia collegato a Internet - questa opzione vale se si desiderano scaricare aggiornamenti dalla Rete, ma non è indispensabile per la buona riuscita dell'installazione, il CD è più che sufficiente.
Se le opzioni sono verificate, apparirà di fianco un segno di spunta verde, in caso contrario una "X" grigia. Si può inoltre scegliere di:
  • scaricare aggiornamenti dalla rete - per avere l'ultima versione aggiornata dei programmi e correzioni di errore;
  • installare software di terze parti - il CD di Ubuntu contiene solo software libero, in alcuni casi, specie nel caso non esista una alternativa libera, si può scegliere di installare software proprietario.
Da notare che se si desiderano scaricare aggiornamenti, è indispensabile avere un collegamento veloce a Internet (da ADSL in su). In caso contrario, meglio lasciare perdere, in quanto lo scaricamento degli aggiornamenti richiederebbe ore, se non giorni.

Premiamo il tasto "Avanti" e proseguiamo.

Installazione di Ubuntu 10.10: scelta di dove installare Ubuntu
Questo è l'unico punto critico nell'installazione. In questo caso, sul disco ci sono già memorizzati altri sistemi operativi, e bisogna decidere cosa fare:
  1. Ubuntu si può installare insieme ad altri sistemi operativi (prima opzione), 
  2. oppure si può installare cancellando tutto quel che c'è (seconda opzione), 
  3. oppure si può scegliere a mano come suddividere lo spazio tra Ubuntu e gli altri.
NOTA IMPORTANTE: a chi ha un computer con Windows, e ci tiene a continuare usarlo, consiglio caldamente la PRIMA opzione! Il programma di installazione automaticamente ridimensiona la partizione disco con Windows per lasciare un po' di spazio a Ubuntu.

Se proprio non si sa cosa scegliere, consiglio di contattare un amico esperto di Linux o il LUG (Linux User Group) più vicino per essere aiutato nella scelta migliore.

Nel caso si scelga la seconda opzione, che è la più comune in quanto permette di far convivere un sistema operativo esistente (per esempio Windows) e Ubuntu, in modalità detta "dual boot", apparirà una schermata simile alla seguente.

Installazione di Ubuntu 10.10: partizionamento del disco

Spostando la barra che divide le due parti del disco fisso a destra o sinistra si può diminuire o aumentare lo spazio riservato a Ubuntu 10.10. Ricordate che lo spazio minimo sono 2,6 GB, ma consiglio di riservarne almeno una decina - considerate le dimensione dei dischi fissi attuali.

ATTENZIONE! Premendo il tasto "Installa", si inizia l'installazione di Ubuntu 10.10 e non si può annullare questa operazione... Quindi controllare bene le opzioni scelte!

Questa modifica nel processo di installazione, che adesso inizia quando ancora non si è finito di inserire i propri dati, è stata introdotta da questo rilascio, per velocizzare il processo di installazione. Bisogna quindi stare attenti, perché non è più proposta una schermata di riepilogo e conferma dell'installazione, com'era fino Ubuntu 10.04.

Premiamo quindi "Installa" e procediamo.

Scelta della località

Installazione di Ubuntu 10.10: selezione della località

Si passa quindi alla selezione della località. Avendo scelto la lingua italiana, Ubuntu imposta Italia in maniera predefinita. Da notare che intanto il programma di installazione sta già creando il file system e copiando i file sull'hard disk, come si può vedere sulla barra di avanzamento arancione sulla finestra in basso.

Premiamo "Avanti".

Scelta della tastiera
Installazione di Ubuntu 10.10: selezione della tastiera

Come sapete, la disposizione dei tasti sulla tastiera cambia a seconda del Paese. In Italia si usa la tastiera italiana, ma può capitare di trovare PC, specie portatili, con tastiera inglese. Se avete dubbi, provate a digitare qualche carattere, utilizzando il piccolo campo di testo in basso con la scritta "Digitare qui per provare la tastiera", se non funzionano a dovere provate a cambiare paese e tastiera. Poi premete "Avanti".

Informazioni personali

A questo punto si impostano i dati personali. Dato che il computer è mio (una delle poche cose in questa casa!), imposto il mio nome. Da notare come sia importante impostare una buona password: "una  parola magica che conosci solo tu, per impedire che qualche cattivone ti rompa il computer", come ho spiegato a mia figlia Greta. Questa è una lezione che non mi stanco mai di ripetere anche agli adulti. Ma ho più successo con i bambini.

 Installazione di Ubuntu 10.10: impostazione dei dati personali

L'installazione prosegue con una serie di "diapositive", a metà strada tra la pubblicità e l'aiuto in linea, utili per che arriva per la prima volta su Ubuntu o Linux in generale. Da questo punto in poi, ci vogliono un 10-15 minuti per completare l'installazione. Chi già conosce Ubuntu e ha altro da fare, può farlo, e lasciare che il computer faccia tutto da solo. Gli altri potrebbero trovare utili i suggerimenti delle diapositive.










Se va tutto bene, le slide finiscono e appare un messaggio per riavviare il computer.

Installazione di Ubuntu 10.10: fine dell'installazione, con la scelta se riavviare il PC

L'installazione è terminata, per usare Ubuntu 10.10 bisogna riavviare il computer. Si può anche scegliere di continuare a provare la versione "Live". Da notare in alto a destra, il pulsante per spegnere Ubuntu è diventato rosso, accade ogni volta si richiede il riavvio del PC per qualche motivo, specie dopo un aggiornamento del sistema. Anche questa è una funzione introdotta da Ubuntu 10.04.

Premo "Riavvia ora" e... il seguito nella seconda parte! :-)

Stay tuned...

Link:

Come procurarsi il CD di Ubuntu dal sito Ubuntu-it
Guida all'installazione di Ubuntu dal wiki Ubuntu-it

mercoledì 24 novembre 2010

24 Novembre 2010: oggi arrivano gli alieni

Chiaro il messaggio, no?

Oggi, gli alieni extraterrestri, che da lunghi anni ci frantumano la pazienza e rovinano i raccolti con i misteriosi e fantasiosi cerchi nel grano (crop circle), si riveleranno alla Terra.

Questo è l'ultimo messaggio che hanno lasciato (fantasiosamente interpretato):
"Noi che facciamo i cerchi nel grano vogliamo con questo disegno precisare la data che vi avevamo indicato nel precedente disegno impreciso, e quindi la data che dovete considerare è il 24 novembre 2010".
Azz, cominciamo bene!
Avranno trovato traffico intergalattico, per strada. :-)

Link:

Articolo su Disinformatico.it
"La bella sherazad di Poirino" dal sito margheritacampaniolo.it

martedì 23 novembre 2010

Apre amazon.it, ma attenti a cosa comprate

Il messaggio di benvenuto (e marchettaro!) di Jeff Bezos su amazon.it

Atteso da tempo, con tanto di messaggio di benvenuto, scritto da Jeff Bezos in persona, di suo pugno, e in italiano :-), ha finalmente aperto amazon.it.

Un paio di osservazioni.

Sbarcare in Italia?

Per prima cosa, fa un po' strano vedere che un'azienda internazionale sbarca in Italia, visto che già c'era in Gran Bretagna, e la Gran Bretagna non è poi così "lontana" dall'Italia, e comunque è sempre in Europa. Vabbé non hanno ancora l'euro, ma dopotutto sono inglesi! Vi ricordate quando i tedeschi fecero tutte quelle storie per abbandonare il caro vecchio marco e passare all'euro? Beh, è più probabile che il resto dell'Europa adotti la sterlina, piuttosto che la Gran Bretagna adotti l'euro!

Tradizioni a parte, lo sbarco in Italia è comprensibile solo per motivi di immagine, cosa che si sarebbe potuta fare molto facilmente, traducendo le pagine in italiano - come del resto altri hanno fatto.

Ma conviene?

Amazon.it per festeggiare la nuova apertura, offre il 30% di sconto su praticamente tutto il catalogo. Ma è vera convenienza?
Ho fatto un piccolo esperimento, simulando lo stesso acquisto su amazon.co.uk (il sito della filiale britannica di amazon) e il neonato amazon.it. I libri che ho provato ad acquistare sono libri che ho comprato recentemente, o che comprerò a breve, tutti in lingua inglese. Nell'ordine:
  1. Presentation Zen: Simple Ideas on Presentation Design and Delivery (Voices That Matter) - Garr Reynolds; Paperback
  2. Made to Stick: Why some ideas take hold and others come unstuck - Dan Heath; Paperback
  3. Brain Rules: 12 Principles for Surviving and Thriving at Work, Home and School - John Medina; Paperback
  4. slide:ology: The Art and Science of Creating Great Presentations: The Art and Science of Presentation Design - N Duarte; Paperback
A questi ho aggiunto anche un libro italiano:
  1. Gomorra: Viaggio Nell'impero Economico e Nel Sogno di Dominio Della Camorra (Strade Blu) - Roberto Saviano; Paperback
Com'era prevedibile, i prezzi sono abbastanza diversi, e prevedibilmente a favore di amazon.co.uk per i libri in inglese, come si può vedere nella seguente tabellina (prezzi in euro):

Libro amazon.co.uk amazon.it
Presentation Zen: Simple Ideas on Presentation Design and Delivery (Voices That Matter) - Garr Reynolds; Paperback 12,91 19,62
Made to Stick: Why some ideas take hold and others come unstuck - Dan Heath; Paperback 5,80 8,43
Brain Rules: 12 Principles for Surviving and Thriving at Work, Home and School - John Medina; Paperback 18,71 14,08
slide:ology: The Art and Science of Creating Great Presentations: The Art and Science of Presentation Design - N Duarte; Paperback 10,43 23,14
Gomorra: Viaggio Nell'impero Economico e Nel Sogno di Dominio Della Camorra (Strade Blu) - Roberto Saviano; Paperback 15,95 10,85
TOTALE 47,85 76,12
(ho convertito i prezzi da sterline a euro al cambio attuale di 1 sterlina = 1,1733 euro)

Le spese postali

Vero che nel totale si deve tener conto anche delle spese postali, e qui il conto si complica perché da una parte (amazo.co.uk) non si pagano spese postali per ordini superiori alle 25 sterline (circa 30 euro) con l'offerta "FREE Super Saver Shipping" valida anche per ordini dall'Italia. Dall'altra (amazon.it) non si pagano spese postali per tutti gli ordini superiori ai 19 euro.
Che è la stessa offerta di ww.ibs.it e di www.bol.it.
Che a loro volta offrono molti titoli in offerta speciale.

Tempi di consegna

Da tenere infine presente anche il fattore tempo: provenendo dalla Gran Bretagna, i libri ordinati su amazon.co.uk ci metteranno (quasi sempre) più tempo ad arrivarvi a casa!

Consiglio

Il consiglio è sempre quello: non fatevi ingannare da promozioni e offerte speciali, provate a fare più preventivi su vari siti e poi confrontateli!
Il vostro portafoglio ringrazia.

Se poi volete anche devolvere in beneficienza quanto avete risparmiato, vi farò sapere il numero del mio conto corrente :-)


Link (servono?):

www.amazon.co.uk
www.amazon.it
www.ibs.it
www.bol.it

giovedì 18 novembre 2010

We are more than 1% (?)


Le persone che usano GNU/Linux si domandano spesso:
"Ma quante sono le persone che usano GNU/Linux?"
Personalmente, mi domando spesso:
"Ma quante sono le persone che si domandano spesso quante persone che usano GNU/Linux?"

La prima delle due, è delle domande che più angoscia l'utilizzatore finale di GNU/Linux. Per dare un pallida idea del vuoto che si prova, l'angoscia è almeno pari a quella di chi si pone la domanda:
"Siamo soli nell'Universo, o esistono altre forme di vita intelligenti?"

In effetti, le statistiche ufficiali danno l'uso di Linux attorno all'1% nel mercato desktop.
Tanti o pochi?
Beh, pochissimi!
Una mia personale statistica (artigianale) basata sulle statistiche di accesso a Wikipedia, dava Linux ben sopra l'1%. Bisogna dire però che quest'ultima in effetti è "falsata" dalla crescente diffusione di telefonini cellulari con sistema operativo Android.

Dudalibre

Dudalibre.com è un forum per dare aiuto e assistenza per chi usa Linux. Da qualche tempo ha lanciato l'iniziativa, "We are more than 1%", volta a dimostrare che le persone che usano Linux sul proprio computer sono molte di più dell'1%.

Per farlo, basta registrarsi inserendo la propria email e distribuzione sul piccolo modulo. Al momento, si sono registrare 388.000 persone di cui 3.360 dall'Italia (pochissimi!).


Linux counter

In realtà un altro progetto "storico" di conteggio di Linux già esiste da anni. Si tratta di "Linux Counter", a cui sono iscritto da anni (qui di fianco la mia targhetta ufficiale). 

Registratevi!

Consiglio a tutti di registrarsi sia su uno che sull'altro sito, magari così mi sentirò meno solo, nell'Universo.
Grazie di cuore :-)


Link:

Iniziativa "We are more than 1%" su Dudalibre.com
Mio post su mia statistica artigianale sull'utilizzo di Linux
The Linux Counter

mercoledì 17 novembre 2010

Alluvione in Veneto: un libro testimonia la tragedia

Vicenza - stadio R.Menti

Se volete farvi un'idea sulla portata della recente alluvione in Veneto, la Regione Veneto ha fatto un "instantbook" in PDF (qui sotto il link).


Link:

Il libro "Veneto Ferito" sul sito della Regione Veneto

martedì 16 novembre 2010

Quiz: qual è la bandiera italiana?


Risposta: nessuna di queste! Quella sotto la scritta "ITALIAN" è in realtà una bandiera ungherese.

venerdì 12 novembre 2010

Kubuntu non è Ubuntu


A marzo 2010 lessi un post di apachelogger, in cui si elencavano le differenze e le peculiarità di Kubuntu rispetto a Ubuntu, dal punto di vista organizzativo più che tecnico. Il post era davvero ben fatto! Mi ripromisi di chiedere all'autore il permesso e tradurlo in italiano, prima o poi (ah! che testa!). Adesso finalmente l'ho tradotto, alcune cose sono cambiate, il mondo dell'informatica viaggia veloce, ma il post è ancora molto attuale. Le mie considerazioni e integrazioni sono tra parentesi, in italico.

Questo post è stato scritto per chiarire cos’è Kubuntu. Scriverlo è stato necessario perché la gente ne ha sempre un’immagine sbagliata.

Entità

Lasciatemi spiegare le relazioni tra le varie entità di Ubuntu.

Primo e più importante è il progetto Ubuntu, questo mostro enorme che include Ubuntu Desktop, Ubuntu Server, Kubuntu, Xubuntu, Edubuntu (i flavours, cioè le versioni ufficiali di Ubuntu ndt) e qualcos’altro. Si potrebbe pensare al progetto Ubuntu come un ombrello che copre la maggior parte delle attività (semi-) ufficiali che circondano Ubuntu. Fare pacchetti di software KDE potrebbe essere una di queste attività, quindi anche uno sviluppatore Kubuntu contribuisce in un certo senso a Ubuntu.

Questa relazione è anche visibile.

Nella comunità Kubuntu abbiamo una membership (=una specie di “tessera del club” Ubuntu ndt) speciale per chi si è distinto come valido contributore a Kubuntu. Con questa membership si ottiene un indirizzo email @kubuntu.org e qualche altra cosa simpatica. Potrebbe non essere del tutto evidente, ma questa membership riflette le relazioni tra Kubuntu e Ubuntu. Quando qualcuno diventa membro (della comunità) Kubuntu diventa anche membro Ubuntu (tecnicamente parlando i membri Kubuntu sono un sottoinsieme dei membri Ubuntu). Questo perché chi contribuisce a Kubuntu alla fine contribuisce a Ubuntu (il progetto, ma non necessariamente la distribuzione).

Adesso sappiamo che Ubuntu è una grossa entità che consiste di altre entità (come Kubuntu), ma allo stesso tempo Ubuntu è anche il nome della distribuzione caratterizzata dal desktop GNOME e prodotta dal progetto Ubuntu.

Fino ad ora stavo parlando di Ubuntu come progetto, e dico, buttandola lì, questo progetto è guidato dalla comunità. Certo, Kubuntu e Ubuntu hanno persone che ci lavorano a tempo pieno, ma ci sono centinaia e forse migliaia di altri, che passano il loro tempo libero contribuendo a Ubuntu. E qui tutta la faccenda comincia ad essere un po’ complicata.

Kubuntu è controllato “5 a 1” dalla comunità, Ubuntu (la distribuzione per desktop) no. Ci si potrebbe chiedere come sono arrivato al “5 a 1”. Beh, il Kubuntu Council (Consiglio di Kubuntu ndt), quasi sempre la più alta autorità in Kubuntu, è composto da 6 membri, di cui 5 non lavorano per Canonical.

Canonical, ancora un’altra entità. Canonical è un’azienda che sta tentando di fare soldi con i prodotti Ubuntu. Canonical è anche l’azienda che rende possibile Ubuntu, il progetto. Ovviamente ci dimentichiamo molto spesso di questo, ma senza Canonical non ci sarebbero siti web *buntu, non ci sarebbe launchpad (la piattaforma web utilizzata per lo sviluppo di Ubuntu ndt), e di conseguenza nessun build deamon, nessuna daily CD builds of consistent manner (tutta roba tecnica, non fateci caso se non capite ndt)... in generale probabilmente non ci sarebbe nemmeno l’infrastruttura informatica per far girare tutte queste cose.

Solo la spesa per le infrastrutture (manutenzione, ...) deve essere abbastanza notevole. A dire il vero, non sono stato del tutto sincero con voi. Canonical non solo sta cercando di fare soldi con i prodotti Ubuntu, Canonical guida anche lo sviluppo della maggior parte di questi prodotti (o almeno fino a un certo livello).

Quindi il progetto Ubuntu è guidato dalla comunità E da Canonical (io avrei invertito l'ordine dei soggetti ndt). Alcune parti più dalla comunità, e altre più da Canonical. Come sempre succede, questo significa che la comunità può concentrarsi sulle parti divertenti mentre Canonical riempie i vuoti del lavoro che deve necessariamente essere fatto in un progetto di creazione di una distribuzione. E questo funziona nella maggior parte dei casi. La maggior parte dei contributori liberi lo fa perché è divertente, o perché vogliono raggiungere obbiettivi personali (tipo far partire un sistema in 2 secondi), ma di solito non tutto il lavoro di creazione di una distribuzione è divertente. Penso sia inutile dire che contribuirebbero meno persone se queste dovessero passare tanto tempo su cose complicate e noiose. Insomma, qualcuno lo deve pur fare, perché non qualcuno pagato per questo? :-)

Naturalmente si tratta di uno schema molto semplificato, ma quello che sto cercando di spiegare è che c’è una simbiosi tra le attività all’interno del progetto Ubuntu.

Potere e responsabilità

“Da un grande potere deriva una grande responsabilità” si sente nel primo film dell’Uomo Ragno. Queste parole sono molto vere, anche nel contesto di Ubuntu. Quelli che hanno il potere di guidare lo sviluppo, devono anche essere responsabili nel caso la direzione fosse sbagliata. E dirò di più, affermando che quelli che sono responsabili devono tenersi il potere di guidare lo sviluppo.

Che cosa significa questo per il progetto Ubuntu?

Canonical ha scelto GNOME come desktop preferito, e Debian come distribuzione preferita, poi ha fatto una nuova distribuzione basata su questi 2 strati di software esistente. Canonical vende contratti di supporto, infatti Canonical tenta di vivere solo su questo e su qualche altra attività all’interno o attorno all’universo Ubuntu. Quindi, quando qualcosa va storto, Canonical è la prima responsabile nei confronti dei propri clienti e partner. Supponiamo quindi che il prodotto sia Ubuntu, la distribuzione, e l’errore sia che GNOME è completamente inutilizzabile. Il cliente non andrà a lamentarsi dalla comunità, anche se contribuisce in parte al progetto. Il cliente andrà a lamentarsi da chi ha un contratto con lui, che è quindi Canonical. Canonical è quindi responsabile e deve avere abbastanza potere per evitare situazioni in cui potrebbe perdere consistenti quantità di denaro a causa di problemi nel prodotto. Quello che sto cercando di dire non è che Canonical ha o deve avere un controllo assoluto su Ubuntu, la distribuzione o il progetto, ma un certo controllo, quello necessario ad assicurare il loro giro d’affari e di conseguenza garantire il futuro dell’intero progetto Ubuntu.

Il panorama per Kubuntu è diverso. Kubuntu ha avuto origine grazie al contributo della comunità che ha innestato KDE sullo strato di base Ubuntu. Canonical decise di usare GNOME per il suo desktop e qualche membro della comunità decise di creare un’altra versione con KDE come desktop. Canonical pensò che questa fosse una buona idea e incorporò Kubuntu nel progetto Ubuntu, fornendo quindi le infrastrutture per la costruzione dei pacchetti e l’hosting e l’hosting per il sito web e la costruzione dei CD... Ma aveva poco interesse a sfruttare le potenzialità dell’affare e quindi decise di prendersi poche responsabilità. Che consistettero nell’assumere a tempo pieno uno dei padri fondatori di Kubuntu. La comunità ovviamente continuò a guidare i praticamente tutti gli aspetti, e quindi la comunità ha la maggior parte del potere sul corso dello sviluppo, semplicemente perché la comunità è responsabile del progetto e dello sviluppo del prodotto.

Kubuntu non è Ubuntu

Questa affermazione potrebbe sembrare incredibilmente ovvia, e ancora qualche volta qualcuno non capisce esattamente in quanti livelli si applica.

Certo, a livello tecnico Kubuntu non è Ubuntu perché usa KDE, anche se comunque utilizza uno strato di base Ubuntu.... Ancor più importante è far notare che ci sono altri settori in cui è valida l’affermazione precedente. Kubuntu non è un grande progetto come il progetto Ubuntu, è una parte del progetto Ubuntu, e deve perciò obbedire in parte alle sue regole e regolazioni. Questo significa per esempio che (noi sviluppatori) non possiamo inserire software non libero a caso nei nostri CD. Significa anche che Kubuntu non è il marchio scelto da Canonical, ma lo è Ubuntu, e questo è il motivo per cui il progetto si chiama Ubuntu e la distribuzione si chiama Ubuntu e i prodotti associati sono in qualche modo relativi a Ubuntu, magari usando anche il marchio (per esempio Ubuntu One).

Un’altra differenza importante è che la maggior parte delle modifiche non viene da Canonical. Le modifiche vengono da KDE o dalla comunità di sviluppo di Kubuntu (di cui solo 2 persone lavorano per Canonical...). Uno degli esempi più interessanti di supposizioni errate in questo campo, che mi riguarda da vicino, è che il programma di installazione di Mozilla Firefox, disponibile per Kubuntu 9.10 e successivi rilasci, è stato creato da Canonical. Ci sono alcune recensioni che lo affermano, invece l’ho creato io, e io non sono un dipendente di Canonical, né Canonical ne possiede il codice (Kubuntu non ha Firefox installato in maniera predefinita perché usa un altro browser web; è disponibile però un programmino molto semplice per facilitare l’installazione di Firefox in qualsiasi momento ndt).

In generale si potrebbe dire che il materiale presente su Kubuntu per la maggior parte non ha niente a che fare con Canonical, e nel caso lo sia, allora è approvato e tollerato dalla comunità.

Riprendendo quando ho scritto più sopra che quelli che hanno il potere devono essere responsabili e i responsabili devono avere potere, mi piacerebbe fare chiarezza su quanto segue: la comunità Kubuntu detiene la maggior parte del potere e della responsabilità. Considerare Canonical responsabile dei problemi di Kubuntu, e di problemi ce ne sono molti, come in qualsiasi progetto software, è semplicemente sbagliato. Perché anche se ci sono stati errori da parte di Canonical, la comunità non ha ancora fatto niente per rimediare.

Implicazioni

La suddetta affermazione comporta anche qualcos’altro. Primo e più importante è che Kubuntu non deve ricevere la stessa attenzione da Canonical che Ubuntu, la distribuzione, riceve. Non c’è neanche nessun problema per questo. Né dalla prospettiva di Kubuntu né da quella di Canonical.

Dal punto di vista degli affari, per fare di Kubuntu una valida opportunità, Canonical dovrebbe investire abbastanza risorse su Kubuntu, che poi entrerebbe in competizione direttamente con il suo altro sistema, Ubuntu, che è anche il marchio principale. Sarebbe un po’ un problema, dal momento Kubuntu è percepito come un marchio diverso da Ubuntu (anche se potrebbero essere associati, in un modo o nell’altro). Ovviamente questo non andrebbe bene a entrambi i marchi perché finirebbero per dividersi la quantità di attenzione del pubblico, invece di essere indirizzato a un marchio in particolare. In più, vorrebbe dire che Canonical diventerebbe più responsabile (e quindi così avrebbe bisogno di più potere, vedi sopra). Quindi infine questo farebbe di Kubuntu un po’ meno prodotto della comunità e più un prodotto Canonical (supponiamo a circa come è adesso con Ubuntu). Questo porterebbe a sua volta Kubuntu a diventare più personalizzata rispetto a KDE upstream, perché ovviamente un’azienda vorrebbe distinguere il suo prodotto in tutti gli aspetti rispetto ai propri concorrenti, e questo significherebbe interventi importanti sul marchio, funzioni speciali, ecc.

Conclusione

Quindi, finché Canonical continua a non sfruttare tutte le potenzialità d’affare che derivano da Kubuntu, la comunità probabilmente sarà ancora responsabile per qualche tempo a venire.

Questo significa in definitiva che la comunità detterà le regole e le decisioni di quello che pensa sia il meglio possibile. Finché la comunità sarà composta in maggioranza di persone che contribuiscono nel loro tempo libero, la risorsa tempo sarà limitata e quindi uno (sviluppatore) deve scegliere attentamente quali battaglie combattere. Di conseguenza questo significa che alcune cose semplicemente non possono essere fatte. Come per esempio l’integrazione con Ubuntu One (proprio apachelogger ha sviluppato qualche mese fa, dopo aver pubblicato questo post ndt), ma adesso ci sono molte altre cose importanti su cui lavorare. Lo stesso per portare su Kubuntu il Software Center (a questo hanno rimediato modificando KPackageKit, che adesso assomiglia in modo tremendo a Ubuntu Software Center ndt). Infine significa che la comunità deve decidere quanto “branding” deve essere inserito, e attualmente l’opinione è di rimanere quanto più fedeli a KDE. Non solo la grafica di KDE è di altissima qualità, ma sono anche i principali contributori del desktop di Kubuntu, quindi meritano la maggior parte del credito.

Vorrei infine sottolineare che l’obiettivo di Kubuntu era di fare la miglior distribuzione KDE, non la migliore derivata di Ubuntu, quindi modificare grafica e colori di KDE non sarebbe solo in conflitto con il fatto che grafica e colori di Kubuntu sono quasi uguali a KDE, ma anche con quello che Kubuntu sta tentando di diventare.

In breve: Kubuntu non è Ubuntu. In qualche occasione blog, storie e segnalazioni di errori suppongono che Canonical sia responsabile per quello che non è. In generale, il sottoscritto e gli altri sviluppatori di Kubuntu siamo responsabili di Kubuntu, per favore tenetelo a mente quando vi lamentate o ci elogiate.

Grazie.

Scritto il 17 Marzo 2010 da apachelogger



Link:


Post originale di apachelogger sul suo blog (in inglese)

martedì 9 novembre 2010

La libertà è donna - nasce donne@softwarelibero.it

Leggo oggi sul blog di Zambardino, che, per favorire lo sviluppo e la crescita delle donne nell'ambito dell'informatica e del FLOSS in particolare, è nato donne@softwarelibero.it,
"un gruppo di persone appartenenti a varie comunità del software libero, accomunate dalla passione per la tecnologia e dal desiderio di aumentare la partecipazione delle donne italiane al software libero"
Dietro a questa iniziativa, ci sono le stesse (super donne) che hanno partecipato alla "Debian Ubuntu Community Conference 2010" a Perugia. Da quell'incontro storico, il primo incontro tra le comunità di Ubuntu e Debian, sono nate parecchie iniziative, che si stanno adesso concretizzando.

Di donne nel mondo del software libero ce ne sono poche. Eppure il mondo del software libero è il settore (uno dei pochi) dove più le donne hanno possibilità di esprimersi e contribuire, con la loro creatività e la loro determinazione, proprio le peculiarità di questo settore.

Perché le donne faranno la differenza nel FLOSS

Innanzitutto per lo spirito "open", aperto, che non si limita alla visione del codice sorgente dei programmi, ma si estende anche alla mente di chi frequenta questo mondo. La mentalità aperta è indispensabile per capire e accettare il contributo di tutti. Anche le critiche, che non sono motivo di scontro, ma un momento di riflessione.


Poi perché le donne, con la loro creatività trovano soluzioni nuove, di cui il software libero ha estremo bisogno, se vuole ritagliarsi uno spazio in un settore molto competitivo, qual è quello informatico.

Infine, perché il mondo del FLOSS è ancora così piccolo e limitato che può solo crescere! Siamo in pochi, pochissimi, i soliti 4 gatti! Se si aggiungono 4 gatte, raddoppiamo! :-) Scherzi a parte, lo spazio per contribuire è così vasto che è impossibile - anche accidentalmente - pestarsi i piedi.

Perché le donne possono fare la Differenza (dissertazione collaterale... leggetela a vostro rischio e pericolo! :-)

Sull'onda delle riflessioni precedenti, ne aggiungo delle altre, di più ampio respiro.

Mai come adesso, dopo il fallimento del modello finanziario occidentale, alla base della perdurante crisi economica, c'è bisogno di un cambiamento.
Cambiamento che non può avvenire solo con un pur necessario ricambio generazionale, ma molto di più con un diverso approccio ai problemi e allo stile di vita.
Questo diverso approccio può venire solo da chi finora è stato escluso - per sua fortuna - dai ruoli cruciali di comando.
Questo qualcuno è Donna.

Forse, questo cambiamento sta già avvenendo, alcuni esempi sparsi.
In Italia, il nuovo segretario della CGIL è Susanna Camusso.
In Brasile, il (la) successore del Presidente Luiz Ignacio Lula Da Silva sarà Dilma Rousseff.
In Finlandia, sono donne la Presidente e la Primo Ministro. Quest'ultima, per la cronaca, ha 42 anni, una laurea e 2 figli.



Link:

Comunicato stampa ufficiale
Notizia sul blog di Vittorio Zambardino
Mio post sul DUCCIT 10 di Perugia
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