C’è una citazione molto famosa, tanto quanto probabilmente vera, attribuita a William Preece, capo ingegnere delle Reali Poste Britanniche
“Gli americani hanno bisogno del telefono; noi [britannici] no. Abbiamo postini a sufficienza”.
Venendo ai giorni nostri, mi è capitato di assistere ad un episodio di civetteria familiare. A Natale i genitori decisero di regalare il cellulare alla loro figlia, studentessa universitaria. Tre parenti (stranamente tutte donne), esclamarono in coro:
“Ma che se ne fa? A cosa gli serve il cellulare? Che spreco di soldi!”. Entro 6 mesi tutte e tre avevano il loro cellulare.
Altra esperienza: seguendo da spettatore la ML di un LUG, mi è capitato di vedere flame in cui persone che si conoscono da anni si insultano per futili motivi. Ho proposto loro di introdurre un “codice di comportamento”. Mi è stato risposto che è inutile, non serve regolare qualcosa che è già dettato dal buon senso. Tutto bene, fino al flame seguente.
Ancora più recentemente. In azienda si stanno introducendo nuovi strumenti di istant messaging, web conferencing, social e web networking (non chiedetemi di spiegarveli, fate atto di fede e credetemi: sono nuovi strumenti di comunicazione). Sul blog aziendale, alcune persone sono scettiche sulla loro utilità:
"a cosa ci servono, abbiamo già la posta aziendale, il cellulare, il telefono fisso, e la videoconferenza?" In questo caso, non posso dire come sia andata a finire, ma posso immaginarlo, imparando dal passato.
C’è una fatale e inevitabile resistenza a tutto quello che è
“nuovo”. Un po’ per paura, un po’ per ignoranza
(di cui la paura è un sintomo), gli esseri umani sono restii al cambiamento. Gli esseri umani italiani ancora di più (un esempio per tutti: guidiamo ancora auto con il cambio manuale!)
Mi è capitato di trovare questa resistenza anche in altri settori, che pensavo più aperti al nuovo. Vorrei perciò mettere in risalto alcuni aspetti che ci dicono che è indispensabile e inevitabile aumentare la comunicazione, utilizzando tutti gli strumenti, e cercando ovviamente di conciliarla con le possibilità in campo.
Primo:
comunicare è fondamentale in qualsiasi lavoro. Il modello dello scienziato che si chiude dentro un laboratorio e ne esce con un’invenzione o una scoperta clamorosa è ormai finito da tempo. Se notate, i Nobel scientifici sono sempre più attribuiti a 2-3 scienziati per volta. A loro volta, il loro lavoro si basa sulle conoscenze dei loro predecessori, le famose “spalle dei giganti” su cui anche il pur grande Isaac Newton si basò per “vedere lontano”.
Questo è tanto più vero per tutti i gruppo di lavoro volontari, che si basano sul lavoro di tanti piccoli (non in termini di capacità, ma in termini di tempo a disposizione, che non è mai abbastanza!) volontari, che possono spingere in alto il loro progetto solo con il lavoro di tutti.
Dal momento che la comunicazione quindi è importante, lo sono anche i mezzi di comunicazione, nessuno escluso, che aiutano il singolo a diventare gruppo, il famoso valore aggiunto del gruppo in cui 1 singolo + 1 singolo fanno almeno 3 cervelli (2 delle persone + 1 del gruppo).
I mezzi di comunicazione sono solo “mezzi”, una specie di cassetta degli attrezzi da cui attingere a seconda del bisogno. Tanti più se ne hanno a disposizione, tanto più si sarà in grado al momento giusto di usare lo strumento giusto.
Secondo:
bisogna valorizzare le capacità del singolo all’interno del gruppo. Data la varietà di mezzi di comunicazione, si deve trovare il modo in cui ogni persona trovi il mezzo che gli è più congeniale. In questa maniera la persona è suo agio nell’usarlo e di conseguenza è motivata a usarlo. Se sono particolarmente bravo a usare un mezzo, devo essere lasciato libero di farlo a beneficio di tutti, rispettando le regole comuni. Diversamente, nel caso non mi sia permesso di usarlo, il mio contributo al gruppo sarebbe nullo, perché magari mi trovo bene solo con quello, non so cioè esprimermi in altro modo.
Terzo:
non possiamo sapere adesso cosa di tutti questi nuovi strumenti di comunicazione funzionerà e cosa no, bisogna provare un po' tutto, perché bisogna esserci quando si saprà. Quando si saprà potrebbe essere già troppo tardi. Nessuno sa cosa ci riserva il futuro, come abbiamo visto all’inizio, con le “ultime parole famose”, siamo abbastanza miopi nel capire adesso cosa sarà domani (provate a leggervi . Se però cerchiamo di usare un po’ tutto, magari qualcosa si azzecca.
Tutte queste considerazioni però non possono prescindere, dal più importante strumento a disposizione del gruppo,
la responsabilità del singolo è la base del lavoro di gruppo:
le cose vanno fatte bene,
nel rispetto degli altri,
nel rispetto delle regole,
prendendosi le proprie responsabilità,
a beneficio del gruppo
Tutta questa è la teoria, la pratica poi si scontra con il sempre poco tempo a disposizione, e le sempre poche persone disponibili. Sta nella capacità del singolo trovare il modo di conciliare il tutto a favore di tutti.
Troppo complicato? Beh, se vi può consolare, non ho mai letto da nessuna parte che è facile.
Aggiornamento del 25/02: come segnalato da Simone, ho corretto un refuso su paura e ignoranza.Link:
Ultime parole famose da wikiquote
Isaac Newton da Wikipedia