venerdì 26 dicembre 2014

Remmina Junior: si può fare!


Un programma che nato libero è immortale (circa)

Le licenze libere come GPL o BSD permettono a un programma di vivere molte vite. Se anche il Creatore abbandona il progetto, la Creatura (o parte di essa), può sopravvivergli, grazie alle amorevoli cure di dottori che gli prestano soccorso.

The Doctors

L'anno scorso, più o meno in questo periodo, ascoltavo il compare e amico di una vita +Giovanni Panozzo che mi diceva di questo programma, Remmina, che faceva perfettamente il suo lavoro (collegarsi da remoto a PC e server), ma che purtroppo da troppo tempo mancava di aggiornamenti e correzione di errori. Mi diceva che nelle ultime versioni di Ubuntu era costretto a compilarselo a mano, perché il pacchetto presente nei repository era diventato inutilizzabile.

Quando gli facevo notare che - trattandosi di software libero - poteva tranquillamente aiutare ad aggiornarlo e correggere bug, mi rispondeva: "Ma chi c'ha tempo? Ho una famiglia da mantenere, mica posso passare le mie giornate a studiare come funziona e correggerlo!".

Non so poi cosa è successo, perché Giovanni cambiò idea, impegnando gran parte della sua estate e delle (piovose) ferie a studiarsi Remmina (consta più di 30.000 righe di codice!).

Nel frattempo, era in contatto con un altro italiano, Antenore, che già contribuiva a Remmina da qualche settimana. Grazie ad Antenore, Giovanni riuscì ad avere accesso al progetto su Github, cominciando a correggere errori e rispondere alle segnalazioni degli utenti, rimasti lì inevasi per anche più di 2 anni.

Dopo un autunno di intenso lavoro, a inizio ottobre 2014, Giovanni e Antenore rilasciarono Remmina 1.1.1, con numerosissime correzioni di errore, e poi questo mese un'ulteriore versione 1.1.2, con altre correzioni.


La Creatura, Next

Parallelamente al branch di manutenzione 1.1.*, Giovanni e Antenore hanno creato "Remmina Next", un branch per sviluppare le nuove funzionalità di Remmina. Remmina Next è la versione 1.2, compatibile con FreeRDP 1.2.

Nel frattempo, le varie distribuzioni si sono accorte della rinascita di Remmina, a cominciare da Arch, che ha subito incluso Remmina 1.1.1, e poi Fedora e infine Debian/Ubuntu, grazie a +Luca Falavigna. Luca ha anche creato un apposito PPA, che riporta automaticamente su Ubuntu tutte le modifiche fatte upstream. Ovviamente il nuovo Remmina sarà incluso in Debian Jessie e Ubuntu 15.04, in rilascio entrambe per inizio 2015.

Al gruppo si è aggiunto +Fabio Castelli che da un mese circa contribuisce al codice e alla soluzione dei bug, con qualche altro contributore occasionale.

La storia potrebbe finire qui, ma il team di sviluppo sta cercando nuovi contributori, e ha qualche grande idea in mente (che non posso svelarvi ora). Nel 2015 vedremo altri interessanti sviluppi.


Installare Remmina su Ubuntu

Remmina è perfettamente funzionante su Ubuntu e si installa molto facilmente, l'ho fatto anch'io! :-) Basta aprire un terminale e digitare questi comandi:

sudo apt-add-repository ppa:remmina-ppa-team/remmina-next 
sudo apt-get update 
sudo apt-get install remmina remmina-plugin-rdp

Se trovate degli errori su Remmina, segnalateli su GitHub.

(La foto iniziale di Wikipedia è un omaggio a "Frankenstein Junior", capolavoro di Mel Brooks, di cui ricorre in questi giorni il 40ennale dell'uscita nei cinema.)

giovedì 18 dicembre 2014

Qualcosa che ancora non sapete su Ubuntu Phone BQ


Tutto comincia così. Un paio di settimane fa mi scrive +David Planella di Canonical, dicendomi più o meno una roba del tipo "Ciao Dario, sai già che tra poco lanceremo il primo smartphone con Ubuntu. Beh, per ringraziarti del tuo impegno, vorremmo che tu fossi tra i primi ad averne uno tra le mani".

Non ci potevo credere che a) David Planella mi scrivesse una mail (credo sia la prima volta) e b) che potessi mettere le mani su un Ubuntu Phone. Ho respirato profondamente e atteso un tempo abbastanza lungo che mi permettesse di conservare una certa dignità. Gli ho risposto dopo 5 minuti: Sììììììììììì! :-)

Oggi ho quindi partecipato a un hangout privato (vedi la foto del tweet), insieme a un altro po' di persone di Canonical e della Comunità, tra cui la mitica +Carla Sella+Joey-Elijah Sneddon di OMGUbuntu! +Rupinder Mann+Cristian Parrino ci hanno dato alcune news in anteprima sulla prossima uscita dell'ubuntufonino

A quest'ora tutti voi saprete già: sarà il BQ Aquaris E4.5, uno smartphone molto interessante come prezzo e caratteristiche, venduto dalla spagnola BQ, già sul mercato con Android. L'uscita è per la prima settimana di Febbraio 2015, e sarà venduto direttamente sul sito web dell'azienda.



Secondo quanto spiegato da Cristian, la versione di Ubuntu su BQ Aquaris sarà un po' diversa da quella usata finora per lo sviluppo, e che gira sui Nexus. Alcune di queste caratteristiche le abbiamo viste dal vivo mentre ascoltavamo Rupinder e Cristian, come per esempio un "aggregatore di scope" (gli scope sono i pannelli in cui sono aggregati i contenuti presenti sul telefonino, o disponibili in Rete).

I più attenti già sapevano che il telefonino sarebbe stato un BQ, +Jane Silber (CEO di Canonical) aveva postato questo tweet. (No, quelle NON sono scatole di scarpe! :-)


Per adesso gli smartphone BQ saranno disponibili solo in Europa, venduti da BQ sul loro sito. Sicuramente Canonical e BQ puntano sul mercato europeo, sapendo (sperando?) che è quello più entusiasta all'idea di comprare un telefonino "made in Ubuntu": l'anno scorso, il 40% dei finanziatori del (fallito) progetto "Ubuntu Edge" erano dall'Europa.

Il passo successivo saranno sicuramente gli USA e la Cina, dove Canonical e China Mobile hanno appena lanciato un'iniziativa destinata a giovani studenti e imprenditori.

Dopo 2 anni di duro lavoro, ormai mancano solo pochi giorni al lancio di Ubuntu. Uno sforzo enorme per Canonical, e anche per la Comunità che - se ha nutrito finora sentimenti contrastanti su Ubuntu Phone - potrebbe adesso trovare nuovo vigore con il concretizzarsi del Progetto.

domenica 14 dicembre 2014

5 (cinque) comportamenti giusti per promuovere Ubuntu

Il 22 novembre scorso ero a Bologna per l'ubuntu-it meeting, l'appuntamento semestrale della Comunità Italiana di Ubuntu. Sapete, un paio di volte l'anno è divertente trovarsi nello stesso luogo con persone che si frequentano solo virtualmente, tramite email o social network. Anzi, direi che la parte migliore della vita comunitaria è proprio questa.

Beh, di come è andata al meeting ve ne ha già raccontato +Jeremie Tamburini, che del resoconto dei meeting ha fatto la specializzazione del suo blog. :-)

+Paolo Sammicheli ha poi scritto un post per spiegare perché Ubuntu ha vinto la battaglia dei desktop Linux - o come ha puntualizzato qualcuno - "hanno vinto gli utenti". Oh! parliamo sempre dell'1% del mercato desktop, anche se si parla di decine di milioni di installazioni. Consiglio a tutti la lettura del post di Paolo.

Il mio intervento

Vorrei spendere due parole sul mio intervento al meeting, intitolato appunto "5 (cinque) comportamenti giusti per promuovere Ubuntu". Mi capita infatti di leggere di persone che - animate dai più nobili intenti per la diffusione del Software Libero - si lasciano andare a comportamenti poco Ubuntu: in questo modo, invece di portare beneficio, si creano solo danni. Vediamo in breve alcuni spunti.


Ubuntu ha un proprio Codice di Condotta, che consiste in una serie di semplici regole su come agire al meglio all'interno della Comunità. Le persone che contribuiscono attivamente a Ubuntu sono tenute a firmarlo, e tutti possono condividerne lo spirito, improntato al rispetto reciproco e alla collaborazione. Mettere in pratica queste regole anche quando si supportano le persone nel passaggio a Linux, le aiuta a superare l'angusto scalino di apprendimento.

"Ubuntu è la porta arancione" per entrare nel mondo Linux: tutti quelli che si avvicinano a Linux, all'inizio si avvicinano a Ubuntu. Quindi la Comunità Ubuntu deve essere preparata ad accogliere queste persone.

Questo primo comportamento è alla portata di tutti, qualunque sia il livello di conoscenza tecnica dell'argomento.


Si tratta di crescere una foresta, a cominciare da quando germoglia il seme (installazione). Chi diffonde Ubuntu deve quindi nutrire adeguatamente il terreno e tenere pulita l'aria, mantenendo sano l'ecosistema. Purtroppo c'è gente che si diverte a veder bruciare il mondo, per il solo gusto di farlo. Polemiche, flame, RTFM e via dicendo sono da evitare assolutamente perché spaventano le persone e le allontana da Ubuntu e da Linux.

Mantenere sano l'ecosistema vuole anche dire parlare bene di Ubuntu (e di Linux e del Software Libero), senza perdere troppo tempo a parlare male degli altri sistemi - i loro uffici marketing fanno già un ottimo lavoro, è inutile aiutarli.

Anche questo comportamento è alla portata di tutti, qualunque sia il livello di conoscenza tecnica dell'argomento.


Qui alziamo il livello di difficoltà: trovare punti di incontro con altri progetti del Software Libero o della Cultura Libera in genere o di qualsiasi altro campo.

Quest'anno al meeting di Bologna era presente +Enio Gemmo di LibreItalia, neonata associazione che promuove LibreOffice in Italia, con cui da qualche mese abbiamo cominciato un proficuo scambio di collaborazioni e interventi.

Per diffondere al meglio Ubuntu, si devono creare connessioni sempre più connessioni con tutte le realtà del Software Libero presenti in Italia, sconfinando anche in campi diversi.

Questo punto è tutto da sviluppare, se avete idee e collaborazioni fatevi avanti!


Raccontare storie è una delle attività più antiche dell'uomo, che ancora adesso appassiona milioni di persone. Ubuntu è fatto di moltissime storie, le storie delle persone che usano Ubuntu, le storie delle persone che contribuiscono a Ubuntu, in Italia e in tutto il mondo. Eravamo molto bravi a raccontare queste storie, adesso abbiamo perso un po' la mano - il Planet di ubuntu-it sembra un noioso monologo.

Diffondere bene Ubuntu è raccontare queste storie, la nostra passione. Anche questo comportamento è alla portata di tutti, bisogna trovare il tempo per raccontare queste storie, che altrimenti vanno perdute.



Infine, l'attività più difficile e rischiosa: la guerriglia, certo un po' diversa da quella che insegnava e praticava e il Comandante. Sto parlando della guerriglia marketing, una tecnica di pubblicità che permette di promuovere un prodotto con poco budget. Questa è un'attività che comporta uso coordinato e sistematico delle risorse, meglio se in modo clamoroso e virale.

Per farlo serve una buona preparazione iniziale e un coordinamento generale al momento dell'esecuzione. Anche per questo, se avete idee, fatevi avanti! :-)

Come avete visto, nella maggior parte dei casi si tratta di mettere in pratica comportamenti semplici, che però possono fare la differenza. Provateci!

Se avete idee e proposte, e avete tempo per impegnarvi in prima persona, scrivetemi! 

La mia presentazione completa

 

venerdì 5 dicembre 2014

Musica libera, questa sconosciuta.



L'altra sera ero a Schio, per tenere quello che è stato il mio ultimo talk (credo) per il 2014. La serata era sulla musica libera, quella protetta da licenza Creative Commons (o simili), che si può ascoltare, scaricare e copiare liberamente e gratuitamente da Internet. Per intendersi, quella che si trova su siti come Jamendo o Magnatune, giusto per citare i due più famosi, ma ce ne sono anche molti altri.

La cosa più divertente della serata è stata la discussione che ho avuto con un signore in prima fila, che ignorava totalmente la musica libera, ma che - da quanto ho capito - scaricava allegramente senza tanti patemi quella protetta da Copyright. Prima (e anche dopo) il talk, questo signore sosteneva che è "colpa dei siti internet se io scarico la musica, come posso sapere se loro l'hanno copiata o comprata?".

Questo pensiero è sbagliato per almeno un paio di motivi

  1. secondo la legge italiana si acquista un disco (coperto da copyright) per uso personale, per ascoltarlo in casa e basta - qualsiasi altro uso non si può - e non parlo neanche che sia reato o meno
  2. un artista che produce un'opera d'autore è giusto sia compensato acquistandone le opere

Quest'ultimo punto è un po' più debole del primo, perché credo che un artista - come chiunque altro - debba guadagnarsi la pagnotta giorno per giorno, e quindi esibirsi dal vivo cantando e suonando.

Poi, piuttosto che copiare musica coperta da copyright, che sia reato o no, è meglio ascoltare, scaricare e copiare musica rilasciata con Creative Commons. In questo modo si fa cadere l'accusa di pirateria, impugnata poi ciclicamente in ogni campagna di censura, e si abbassano i prezzi (=se pochi comprano, il prezzo cala della musica cala, è la legge del mercato).

E magari ogni tanto, comprare pure qualche canzone degli artisti che credono nella musica libera.

 
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