domenica 27 ottobre 2013

Ubuntu compie 9 anni, tante cose sono cambiate. Anche noi.

 La bellissima infografica pubblicata da OMGUbuntu

Il 20 Ottobre 2004, 9 anni fa, nasceva ufficialmente Ubuntu, distribuzione Linux derivata da Debian. Obiettivo principale del progetto: essere facile e alla portata di tutti. Il suo primo slogan era infatti "Linux for human beings" (Linux per tutti), ripetuto ossessivamente come un mantra. Formidabili quegli anni. C'era un'aria nuova, come se qualcuno avesse aperto una finestra facendo entrare aria fresca.

Il color marroncione che caraterizzava Ubuntu richiamava la savana Africana, terra da cui proviene la filosofia Ubuntu. La distribuzione poneva (pone) le basi sulla Comunità, sui valori della solidarietà reciproca, sul contributo positivo, sull'ascolto.

Con il tempo quel primo obiettivo è stato in parte superato, e anche i valori sono stati messi in secondo piano. Con un cambio che ha suscitato più di qualche polemica, il "Circle Of Friends", che simboleggia aiuto recuiproco, è stato spostato e ridotto. Mossa che ha dato un aspetto più professionale al marchio, che molti hanno interpretato come voler ridurre il peso dei valori fondanti di Ubuntu.


"Times They Are a-Changin"

Cambiare obiettivi forse era anche l'unica cosa da fare: essere il numero 1 in un mercato che incide per l'1% sul totale del mercato desktop, è decisamente modesto. Nonostante i numerosi accordi stipulati con tutti i maggiori produttori di PC, Linux sul desktop non è mai decollato. Difficile che decolli adesso, dopo più di 20 anni di Linux. Ma chissà?

A questo si aggiunga che il mercato del desktop ha perso il primato nell'attenzione di consumatori e sviluppatori, a favore di tablet (e smartphone). Sebbene infatti la percentuale di diffusione dei tablet sia ancora ridicola se paragonata a quella dei PC, il trend è decisamente in crescita, e l'espansione del mercato sembra inarrestabile - anche se difficilmente tablet o smartphone riusciranno a soppiantare il PC.

Ubuntu Edge, l'unico progetto innovativo visto sinora voleva unire in un unico dispositivo PC e smartphone, è fallito. Gli altri produttori per ora si accontentano di cambiare colore e icone ai propri smartphone. Non so se fosse troppo presto per proporre un giocattolo simile, o se addirittura fosse un vicolo cieco, ma sono tempi duri per l'innovazione.

Looking back over my shoulder

Dopo quel primo cambio di rotta, Ubuntu ha sempre intrapreso strade nuove, cercando da una parte di assecondare il mercato (come l'interfaccia per netbook, antesignana dell'attuale Unity) dall'altra cercando di anticiparlo (come appunto con Ubuntu Edge).

La direzione è stata è stata modificata più volte, con alcune piccole "innovazioni" inserite (Unity, HUD, lens e scopes) con lo scopo di migliorare "l'esperienza utente", rendendola sia più piacevole che più produttiva. 

"La strada che ci porta a domani"

L'idea di quest'ultimo anno, che Mark Shuttleworth ripete ossessivamente è la convergenza: dispositivi diversi, dalla TV, al desktop, al server allo smartphone, che usano lo stesso sistema operativo. Un'idea tanto rivoluzionaria quanto difficile da mettere in pratica.




Unity, la nuova interfaccia grafica di Ubuntu, a 2 anni dalla sua comparsa, non è ancora stata digerita da una buona parte della popolazione ubuntera. Anzi, ha indotto qualcuno a cambiare a favore di XFCE e Xubuntu.

Anche Microsoft ha tentato di seguire questo approccio, mettendo su PC e tablet Surface della stessa interfaccia grafica, con le ormai famose mattonelle di Windows 8. Mi dicono che chi usa i sistemi operativi Made in Redmond non si sia ancora ripreso dallo shock.

Probabile che - se mai il progetto di convergenza andrà in porto - Ubuntu avrà interfacce utente simili ma non identiche: troppa la differenza nell'utilizzo dei dispositivi, soprattutto nelle aspettative di chi li utilizza. Più probabile invece che le app saranno le stesse, che si adatteranno a forme e dimensioni dei dispositivi.

Le prossime sfide

Il prossimo anno sarà caratterizzato da un paio di scadenze e appuntamenti impegnativi per Ubuntu.

Per iniziare, Ubuntu Touch, dopo essere stato rilasciato ufficialmente su Nexus, sarà preinstallato su nuovi dispositivi, secondo quanto dichiarato dallo stesso Shuttleworth. Si tratta di una sfida pazzesca ai leader iOS e Android, sostenuti da giganti come Apple e Google (per non parlare della strana coppia Nokia - Microsoft). Riuscirà Ubuntu a ritagliarsi una (piccola) fetta di mercato?

Ad Aprile, sarà rilasciata la nuova LTS di Ubuntu, Trusty Tahr 14.04. Sotto il cofano dovrebbe incorporare Mir, il nuovo server grafico, boicottato - se non osteggiato - dalla totalità dei progetti open source, impegnati in piani quinquennali di adozione dell'ortodosso Wayland. Mir riuscirà ad essere stabile per essere incluso in una LTS? (che ha 5 anni di supporto) Cosa faranno le derivate di Ubuntu quando si troveranno a dover scegliere?

A maggio 2011, tenendo il keynote di apertura di UDS-O A Budapest Mark la sparò grossa:

"[Our] goal is 200 million users of Ubuntu in 4 years"
(il nostro obiettivo è 200 milioni di (installazioni) Ubuntu in 4 anni)
Beh, siamo a metà di quei 4 anni, e le statistiche (ottimistiche) dicono che siamo a circa un decimo di quella cifra: 20 milioni. Giusto alzare l'asticella e puntare a grandi obiettivi, ma quanto può espandersi ancora Ubuntu?

Per quanto ne capisco, non so cosa ci riserva il futuro, ma sono sicuro che Ubuntu ha già cambiato la storia di Linux.

venerdì 4 ottobre 2013

Riempirsi la bocca di open source



Qualche mese fa mi capitò di "discutere animatamente" in una mailing list di appassionati del Software Libero riguardo un'azienda, il suo prodotto e la sua originale concezione di "open source" (evito di scrivere di che azienda si tratta perché voglio evitare loro pubblicità).

Questa azienda sosteneva che la licenza libera GNU GPL versione 2, con cui era rilasciato il loro software "open source", non li obbligava a rilasciare i sorgenti. Quando qualcuno gli fece notare che - essendo il loro software disponibile su rete - la licenza corretta da utilizzare era la GNU Affero GPL, arretrarono alla posizione difensiva "lo rilasceremo quando sarà stabile", rimandando così alle calende greche la pubblicazione dei codici sorgenti.

Da allora niente è successo, come testimonia la risposta dell'autore del fantomatico software "open source" al commento di un visitatore.

(traduzione: "Per visionare il codice vieni nella mia bat caverna, 
che si trova in un luogo segreto e irraggiungibile, 
portando anche Biancaneve e un unicorno rosa nano")

Rilasciare software con licenza Copyleft, è un po' come lanciare un messaggio in bottiglia: non sai bene chi, cosa e quando lo raccoglierà, e cose ne farà. Capisco il sentimento di "gelosia" per il proprio tessssorrrooo di chi ha dedicato parte della sua vita a sviluppare quel che ritiene buon codice.

Sentimento, la gelosia, tanto grande quanto è l'età dello sviluppatore - i giovani sono portati a condividere molto di più le loro opere (anche troppo in qualche caso).

Alzando però la testa e guardandosi intorno, ci si rende conto che questa è la società della condivisione (volontaria o no), opporsi a questa tendenza genera eremiti fuori tempo massimo, destinati all'oblio.

Vediamo quali sono le scuse più utilizzate da chi prende a piene mani Codice Libero e tiene per se l'opera derivata.

"Talk is cheap, show me the code"

La prima scusa - la più usata è: "È open source, ma non lo rilascio, perché tanto interessa a nessuno".

Fammi vedere cosa hai fatto: se è roba buona, magari ti aiuto a procedere più velocemente nello sviluppo. Se è roba fatta coi piedi, magari ti segnalo qualche bug, e anche tu impari qualcosa di nuovo. In entrambi i casi - male che vada - anche tu ne avrai beneficio.

Seconda scusa: "È open source, ma rilascio il codice più avanti, quando sarà stabile, bello, documentato e perfetto". Cioè mai.

Quando Linus Torvalds rilasciò la versione 0.01 di Linux, era (come ammetteva il suo stesso creatore) incompleta e assolutamente inutilizzabile. Linus rilasciava il suo software proprio per cercare qualcuno che gli desse una mano nello sviluppo. Credo sappiate com'è andata a finire.

Per la documentazione poi, non è un problema: io che non programmo potrei darti una mano proprio a documentare la tua opera, ma non mi sognerei mai di mettermi a creare della documentazione per un programma proprietario.

Terza scusa: "È open source, ma non ho tempo per rilasciarlo".

Se non hai tempo, o ne hai pochissimo, ne avrai poco anche per lo sviluppo, e questo è un altro motivo per rilasciarlo: se sei fortunato, qualcuno ti aiuterà a sviluppare il tuo programma.

In tutti i casi: se il progetto è buono, attirerai qualche sviluppatore. Se il progetto è molto buono, potrai anche formare una comunità, che si occupi di promozione, traduzioni e documentazione.

Qualcuno potrebbe "rubarti" il codice, e farne del software proprietario, ma la GNU GPL ti protegge.

Se il progetto invece vale poco, allora ti potrebbe capitare di dover pagare qualcuno per darti una mano! ;-)
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